Termodinamico, consumo di suolo e incertezze

24 maggio 2014 | 16:32
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Termodinamico, consumo di suolo e incertezze

La questione del “termodinamico”che sta interessando la Regione Basilicata è sempre più oggetto di discussione da parte dei mezzi di informazione non solo territoriali, ma anche nazionali. Dopo essersene occupato “il Fatto Quotidiano.it” il 2 marzo scorso con un articolo intitolato Investi 10, guadagni 130: l’incentivo al solare termodinamico alletta speculatori” a firma del dott. Luigi Franco, la problematica approda anche su un’autorevole rivista nazionale di informazione scientifica-economica “XXI SECOLO – Scienza e Tecnologia”. La rivista, nel numero 1 del suo XXV anno, decide di pubblicare un articolo intitolato “Rinnovabili selvagge o difesa del suolo agricolo” inserendolo nella sezione “Ambiente e Agricoltura” affiancata da altre rilevanti sezioni quali la “Prevenzione sismica” e le “Radiazioni Ionizzanti e Salute”. L’articolo suscita interesse ed apprezzamento al punto da dare risalto anche con l’immagine in prima copertina riportante la suggestiva scena della mietitura tratta dall’incantevole dipinto ad olio di Pieter Bruegel il Vecchio “La raccolta del grano” del 1565.L’immagine in copertina deve rappresentare per tutti, ed in particolare per gli amministratori localiprovincialiregionali e governanti Nazionali, un severo monito alla salvaguardia della nostra tradizione, della nostra agricoltura nonché al rispetto della nostra Terra evitando di immaginare folli impianti industriali, completamente fuori scala nel contesto agro-paesaggistico scelto, in aree fertili e da sempre volte ad una florida ed invidiabile agricoltura. Nell’articolo viene dato risalto alla completa definizione dell’impianto industriale della Teknosolar Italia 2 s.r.l. al fine di non creare illusioni perché non si tratta di un impianto che produce energia elettrica completamente “pulita” come accade invece per un impianto fotovoltaico o eolico. Trattasi di una Centrale Termoelettrica Ibrida e non semplicemente di un impianto solare termodinamico. È pur vero che il sole è una fonte pulita, ma è altrettanto vero che l’impianto proposto non è un impianto solare termodinamico puro né tantomeno un impianto fotovoltaico che tutti noi sappiamo “produrre” energia elettrica “pulita” a partire dall’energia solare, con un contenuto consumo di suolo agricolo. Infatti, nel caso della Centrale Ibrida (alimentata da una fonte rinnovabile quel è il sole e da una fonte fossile, non rinnovabile, quale il gas metano) il consumo di suolo è quasi il doppio rispetto ad un impianto fotovoltaico di pari potenza elettrica. Nel caso di specie della Centrale in agro di Banzi, parliamo dell’invasione di una superficie immane di 226.73 ettari che secondo esperti del Suolo“costituiscono un patrimonio genetico raro, di uno straordinario ecosistema, irriproducibile alla scala della vita umana”. Tale superficie verrebbe occupata da 8640 specchi paraboli con oltre 9000 trivellazioni (dai 4 agli 8 metri di profondità) disseminate nella piana dei 226 ettari, per posizionare pali di fondazione di cemento armato (da 0.8 ad 1 metro di diametro) che risulterebbero, alcuni di essi, parzialmente immersi nella falda superficiale. L’area sarebbe interessata da una radicale asportazione dello strato superficiale di 0.5 metri per 200 ettari con lo sbancamento di 1.000.000 di metri cubi di humus superficiale che comprometterebbe in modo devastante la fertilità dell’intera area dato che “il Suolo interessato si riformerà alla velocità di 1 – 2 cm per 100 anni”. All’asportazione si aggiungono cementificazioni, impermeabilizzazioni e potenziali rischi di contaminazione che “uccidono” completamente il Suolo così come affermato in attenti studi e indagini pedologiche svolte sull’area in esame.Inoltre, secondo esperti del Suolo“pur aggiungendo terra per ripristinare la fertilità agricola, non si riuscirebbe a ricreare il microsistema di scambi gassosi e idrici esistenti al momento dell’alterazione”. L’impianto prevede, fra l’altro, l’utilizzo di sostanze tossiche quali gli olii diatermici (3.338 metri cubi). Trattasi di una sostanza pericolosa per l’Ambiente la cui scheda tecnica dichiara che “contiene uno o diversi componenti che hanno causato il cancro in animali di laboratorio. Comunque il/i componenti non è/sono genotossico/i, e non si conosce la rilevanza del potenziale cancerogeno per l’uomo”. Come se non bastasse è prevista l’immissione in atmosfera, tramite appositi camini,  di sostanze inquinanti quali il benzene (cancerogeno), il fenolo, ossidi di azoto e prodotti derivanti dalla combustione di notevoli quantità di gas metano (oltre 7.000.000 di normal metri cubi ogni anno). Tutto ciò in un’area per nulla desertica e per nulla disabitata. Ovviamente per molti la centrale industriale rappresenta innovazione e progresso soprattutto se chi parla è, direttamente o indirettamente, allettato dagli oltre 1,2 miliardi di euro di incentivi statali che in 25 anni la società aspira ad incassare o alle tanto succulente richieste di compensazioni ambientali pari al 3% del fatturato annuo che il Comune, su cui sorgerà l’impianto, vorrebbe per i suoi scintillanti progetti di sviluppo locale. Dovrebbe essere il buon senso, purtroppo non disciplinato in nessun manuale di diritto, prima ancora che la normativa comunitaria, nazionale, regionale ad assicurare la diffusione degli impianti alimentati da fonte interamente rinnovabile finalizzati prevalentemente all’autoconsumo e per la conduzione della propria attività (agricola o industriale) in quanto unica concreta possibilità, insieme ad una seria politica per l’efficienza energetica e per il risparmio di energia, in grado di fronteggiare concretamente il problema energetico nel rispetto della nostra TERRA, della nostra ARIA e della nostra ACQUA quali Beni Comuni inestimabili e quindi non oggetto di alcuna trattativa. Beni da dover salvaguardare e preservare piuttosto che da trattare come oggetti commerciali al fine di favorire le rinnovabili “selvagge” in area agricola, siano esse riconducibili a mega-eolici o termodinamici industriali o centrali termoelettriche ibride o mega centrali a biomassa, previste prevalentemente per riscuotere gli incentivi statali con irrisori vantaggi per la collettività e creando disvalore per l’intero tenimento agricolo circostante. Quando si parla di devastare un territorio, un paesaggio, un’intera area di altissimo pregio agricolo tramite un’attività industriale impattante ed inquinante che prevede, tra l’altro, l’arricchimento di pochi e l’impoverimento di molti, bisogna comprendere che l’opposizione di cittadini ed associazioni non è legata ad alcuna sindrome del Nimby  (Not in my back yard – non nel mio cortile) bensì ad un sano Yimby  For Us (Yes in my back yardFor Us – si nel mio cortile,  nel mio territorio, ma per la mia Comunità) e, soprattutto, per la salvaguardia dei propri Valori, del proprio Paesaggio, della propria Biodiversità e Pedodiversità.

Ing. Donato Cancellara