Autonomia differenziata: chi chiagne e chi fotte

Tempo di elezioni e di riflessioni. Il centro destra serra compatto i ranghi e il centro sinistra fa vergognosamente harakiri

Tempo di elezioni e di riflessioni. Il centro destra serra compatto i ranghi e il centro sinistra fa vergognosamente harakiri. E quindi chiedo, non per un amico ma vorrei saperlo proprio io, cosa ne pensano i leader massimi della compagnia di ascari e ventriloqui di Calderoli che si preparano con rinnovato ardore a sgovernare la regione delle ultime esternazioni del loro mentore. A scanso di equivoci mi riferisco a Vito Bardi, Gianni Rosa e al ciellino Cosimo Latronico.

Per i distratti parlo del solito 2chiagni e fotti” di partenopea memoria, enunciato dal chierichetto dei riti celtico – padani dell’ampolla del dio Po che in pompa magna e con frombolieri, ricchi premi e cotillon veniva portata dal Monviso alla Laguna veneta. Proprio lui: Roberto Calderoli.

Sul pratone di Pontida, fucina di pensiero e dove l’espressione più nobile era: ‘Forza Etna’, ‘Ammazza un terrone risparmia un milione’ e dove c’erano rappresentazioni di celtico-cornuti (cioè con elmo dotato di corna poderose) che scavavano il Canale d’Africa dove i coccodrilli mangiavano i terroni che cercavano di attraversarlo, si è formato, insieme all’intellettuale Salvini, il Ministro per gli affari regionali.

Ricordo tutto questo perché se siamo a questo punto è anche perché il coretto degli intellettuali, dediti più che a produrre ‘intelletto’ a cercare poltrone su cui accomodarsi, anche con i voti della pancia del nord più becero e incolto che ci sia mai stato, non ha mai prodotto un minimo di anticorpi rispetto a questa narrazione del ‘chiagni e fotti’ attribuito al Sud.

E solo per carità di patria evito di ricordare il ruolo di Amato, riforma del Titolo V, D’Alema, il patto delle sardine, Gentiloni, Bonaccini, Giani, Draghi e la sua agenda sponsorizzata da Enrico Letta, tutti all’inseguimento dell’elettorato leghista e a gettare le basi della secessione di fatto della Autonomia Differenziata. E però stabiliamo un minimo di verità e vediamo chi ‘chiagne e chi fotte’ in questo scassatissimo Paese, dove più lo demolisci e più hai credito, tanto da fare il ministro o il presidente di regione.

Partiamo dai dati prodotti dal Dipartimento di Economia e Statistica della Università di Siena (Quaderni 2012 n. 663 pag. 40). Risulta che fatto 100 il PIL pro capite medio italiano del 1871 la Campania era a 107 e nel 2009, ultima data esaminata dalla Università di Siena, a 65. La Sicilia nello stesso periodo è passata da 94 a 68. La Puglia da 89 a 66. L’intero Sud più la Sicilia era, esclusa la Sardegna, a 95 per scendere a 73 nel 2009. Tra le dieci regioni europee a maggior rischio di povertà troviamo, secondo Eurostat, Sicilia, Campania e Calabria. Detto ciò, se la logica alberga, cosa di cui dubitiamo fortemente, anche nella testa di Calderoli e dei suoi ventriloqui locali, chi è venuto dopo i Borbone per il Sud ha fatto, numeri alla mano, peggio. Molto peggio.

Nel 1963 Torino aveva 753.000 abitanti, 10 anni dopo ne aveva 1.114.000. Occorreva costruire le 500 e furono chiamati i meridionali a farlo creando uno squilibrio demografico insostenibile. Chi non costruiva le FIAT era a Chivasso a fare le Lancia o ad Arese a fare le Alfa Romeo. Oggi, non certo per colpa dei meridionali e dopo tanti interventi e miliardi di quattrini pubblici, la fantastica imprenditoria del Nord ha perso tutto il comparto auto e va anche a pagare le tasse in Olanda e chiagne e fotte. John Elkann  fu persino fatto cavaliere del Lavoro per questi specialissimi meriti.

Stando ai Conti Pubblici Territoriali, prodotti dalla Agenzia per la Coesione vigilata dalla Presidenza del Consiglio e che ripartisce circa 1.200 miliardi di spesa corrente, quella pro capite è stata nel 2021 di 20.703,91 € in Lombardia, di 36.208,01 in Val D’Aosta, di 28.710,91 nella provincia autonoma di Bolzano, di 13.875,27 in Campania, di 14.935,19 in Calabria e di 15.446,14 in Sicilia. La componente delle sole spese correnti di politiche per la coesione sociale è stata di 8.003,22 in Lombardia, di 7.952,88 in Val D’Aosta, di 7.949,98 nella provincia autonoma di Bolzano, di 5.491,93 in Campania, di 5.988,67 in Calabria e di 5.904,40 in Sicilia.

Mentre al Nord si sono costruite infrastrutture palesemente inutili, BreBeMi, o sovra dimensionate, come l’AV Torino-Milano, al Sud non si fa nulla. Al Nord ci sono 30 km di autostrade per 1.000 kmq, al Sud 18. AL Nord 63 km di ferrovie per 1.000 Kmq contro i 45 del Sud. L’A.V. non arriva neanche a Eboli. Si ferma a Salerno.

Nel mentre la pubblicistica antimeridionale impazza. Luca Ricolfi nel suo libro ‘Il sacco del Nord’, valorizzando allo stesso modo il tempo libero di un manager milanese e di un disoccupato di Scampia, afferma che il Sud ha un tenore di vita superiore a quello del Nord perché al Sud hanno più tempo libero. Per Emanuele Felice le questioni del divario Nord Sud sono antropologiche, come se in divario di spesa pubblica e di infrastrutture non significasse nulla.

Non solo. La vulgata nord centrica, anche al Sud, parla sempre di ‘burocrazia borbonica’, ignorando che il corpus iuris italiano fu assunto il 17 marzo 1861, con la proclamazione della Unità, ed era frutto di una commissione che armonizzò le leggi sabaude con quelle lombarde. Le leggi dei Borbone non furono neanche considerate. Cari Calderoli, Bardi, Rosa, Latronico: chi è che chiagne? Chi è che fotte?