Toghe lucane, l’avvocato Pittelli e la memoria: è arrivato il momento di decidere da che parte stare

27 maggio 2024 | 11:44
Share0
Toghe lucane, l’avvocato Pittelli e la memoria: è arrivato il momento di decidere da che parte stare
Luigi De Magistris

La riflessione di Rosario Gigliotti, a pochi giorni alla pubblicazione delle motivazioni che hanno portato alla condanna, in primo grado, dell”avvocato calabrese per concorso esterno in associazione mafiosa

Riceviamo e pubblichiamo la riflessione di Rosario Gigliotti, sulle motivazione della sentenza di condanna, in primo grado, dell’avvocato calabrese Giancarlo Pittelli, nell’ambito dell’inchiesta “Rinascita Scott.” 

Sono state pubblicate da pochi giorni le motivazioni della sentenza di condanna in primo grado dell’avvocato Giancarlo Pittelli a 11 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, nell’ambito del processo “Rinascita Scott”. Forse a tanti questo nome non ricorda nulla. Eppure, è un nome strettamente legato a vicende che ci hanno riguardato molto da vicino.

L’avvocato Pittelli aveva difeso, insieme all’avvocata Angela Pignatari, il dottor Michele Cannizzaro e, insieme all’avvocato Antonio Russo, la dottoressa Felicia Genovese, nell’inchiesta Toghe Lucane. Toghe lucane, per quanti non lo ricordassero, è l’inchiesta archiviata dopo essere stata sottratta a Luigi de Magistris, il magistrato che aveva condotto le indagini. In quegli atti, circa 200.000 pagine, c’erano i nomi e i cognomi di un sistema di potere, per il quale si prefiguravano, secondo le ipotesi indagatorie, comportamenti illegali atti a favorire interessi e ad offrire coperture ad una consorteria di colletti bianchi, composta da imprenditori, politici, magistrati, avvocati. Era quello il tentativo di dare una risposta alla richiesta di verità e giustizia delle vittime di tanti soprusi.

Tutto è finito nel nulla, schiacciato da un sistema, forse ancora più grande, che oggi è stato in gran parte svelato, dimostrando che a quel magistrato scomodo erano state deliberatamente sottratte le inchieste, una ad una: Poseidone, Why not, Toghe Lucane, le prime due illegittimamente, come attestato dalla sentenza nel processo di appello svoltosi a Salerno.

L’avvocato Pittelli, ex senatore di Forza Italia, di cui oggi sono dimostrati, secondo la sentenza di primo grado Rinascita Scott, i legami con il clan Mancuso, era all’epoca uno dei principali indagati nell’inchiesta Poseidone. Quell’inchiesta, dopo essere stata sottratta a de Magistris, si è conclusa, come Toghe lucane, con una richiesta di archiviazione, che fece dire all’avvocato Pittelli: «Svelerò pubblicamente i retroscena, le collusioni e gli intrighi tra magistrati di diverse Procure ed alcuni giornalisti della televisione pubblica e della carta stampata, ai danni miei e di decine di persone, all’esito della decisione del gip sulla richiesta di archiviazione». Chissà se l’avvocato Pittelli continua ancora a ritenersi vittima di un complotto. D’altra parte, le archiviazioni favorirono la reazione di molti degli indagati. E, nel tempo, anche chiedere verità e giustizia di fronte a fatti conclamati divenne inaccettabile. Tutto questo nel silenzio più assordante della cosiddetta società civile.

Don Marcello Cozzi è stato addirittura condannato in appello, dopo essere stato assolto in primo grado, al risarcimento di 30mila euro per il “danno morale” nei confronti del dottor Cannizzaro, assistito, anche in questo caso, dall’avvocata Pignatari. Eppure, proprio don Marcello Cozzi, con la Fondazione nazionale antiusura “Interesse uomo”, ha accompagnato alla denuncia persone che erano rimaste intrappolate dall’abbraccio mortale con il sistema criminale che faceva capo al clan Mancuso e anche le loro dichiarazioni sono risultate essere determinanti per l’esito dell’inchiesta Rinascita Scott. Quel sistema era costituito da esponenti di spicco del clan Mancuso e altre ‘ndrine satelliti della zona del vibonese ma anche da personaggi eccellenti della politica, degli ambienti giudiziari, dell’imprenditoria, tutti coinvolti in questi affari illeciti.

Nelle motivazioni della sentenza del processo “Rinascita Scott” si legge, così come riportato dal Fatto Quotidiano, che “Luigi Mancuso si rivolgeva a Pittelli sapendo di poter contare sulla fitta rete di relazioni del difensore, politico navigato, onde consolidare il radicamento e la forte penetrazione della ‘ndrangheta in ogni settore della società civile: nella magistratura, nelle forze dell’ordine, nelle università, negli ospedali più rinomati, all’interno dei servizi segreti, nella politica, negli affari, nelle banche, così consentendo alla cosca Mancuso di rafforzare il proprio potere criminale”.

Le motivazioni della sentenza Rinascita Scott evidenziano, inoltre, che le dichiarazioni di alcuni pentiti “convergono su alcuni aspetti principali, ossia l’appartenenza di Giancarlo Pittelli alla cosiddetta ‘massoneria coperta’ e la ritenuta possibilità per l’imputato di incidere in maniera illecita sull’andamento dei procedimenti giudiziari, utilizzando il proprio particolare rapporto con il magistrato o ‘pagando’ periti o magistrati”. Don Marcello Cozzi, ha ricordato, all’indomani della sentenza, che “la posta in gioco era la libertà di tanti e che la sentenza di Rinascita Scott ci incoraggia ad andare avanti così su questa strada della presenza, dell’accompagnamento, della denuncia». Forse è tempo per ognuno di noi di decidere, una volta e per sempre, da che parte stare e, soprattutto, di fare bene attenzione a non perdere la memoria. Rosario Gigliotti