L’intrigo lucano. L’autoritratto di Leonardo è una bufala?

11 gennaio 2020 | 15:16
Share0
L’intrigo lucano. L’autoritratto di Leonardo è una bufala?
L’intrigo lucano. L’autoritratto di Leonardo è una bufala?
L’intrigo lucano. L’autoritratto di Leonardo è una bufala?
L’intrigo lucano. L’autoritratto di Leonardo è una bufala?

Troppi misteri intorno ai protagonisti della “sorprendente” scoperta della Tavola di Acerenza

Riepiloghiamo ragionando

Cosa sappiamo di questa tavola? Com’è stata ritrovata? E soprattutto: è davvero opera di Leonardo, o è quanto meno attribuibile al suo genio?

Come è arrivata in Basilicata? Secondo la ricostruzione di Barbatelli – riportata dal sito Finestresull’Arte.it– il dipinto sarebbe stato di proprietà della famiglia toscana Segni e l’avrebbe seguita nel momento in cui parte della famiglia si trasferì ad Acerenza. Certo: sappiamo dalle fonti – scrive il sito – che Leonardo da Vinci ebbe rapporti con un membro della famiglia, Antonio, di cui fu molto amico, ma è anche vero che non esiste alcun appiglio documentario che possa suffragare l’ipotesi (invero piuttosto fantasiosa) formulata da Barbatelli. Né, tanto meno, esistono documenti che attestino un eventuale viaggio dello stesso Leonardo da Vinci in Lucania: molto difficile, pertanto, pensare a una presenza dell’artista in Basilicata.

Il dipinto è stato sottoposto a indagine grafologica: sul retro compare infatti un’iscrizione, “Pinxit mea” (“L’ho dipinto io”), redatta in scrittura speculare (come era uso fare Leonardo da Vinci). La grafologa che ha esaminato la scritta, Silvana Iuliano, l’ha attribuita a Leonardo comparandola con le scritture note del genio di Vinci: non è tuttavia dato sapere se la scritta sia stata apposta in altra occasione e, trovandosi sul retro del dipinto, non è neppure da escludere che sia stata tracciata da una mano diversa rispetto a quella che ha realizzato il dipinto e magari anche in un momento storico diverso. Infine, un’indagine congiunta di Università di Chieti e Dipartimento scientifico dell’Arma dei Carabinieri, ha ritrovato un’impronta digitale che è stata ritenuta compatibile con un’impronta che compare nella Dama con l’ermellino: ozioso ricordare che “compatibilità” non è sinonimo di “certezza”.

Certo è – come scrive il sito – che nessuno degli specialisti di Leonardo si è pronunciato senza dubbi a favore dell’attribuzione leonardesca. Inoltre, non esistono pubblicazioni scientifiche di specialisti di Leonardo che propongano di inserire senza esitazioni il dipinto lucano nel catalogo leonardesco.

Chi è, quindi, l’autore della cosiddetta Tavola Lucana? Nessuno può stabilirlo con certezza. Ad ogni modo si tratterebbe di un dipinto la cui qualità si discosta nettamente da quella che caratterizza le opere di Leonardo, con le quali non è neppure lontanamente paragonabile: è del tutto evidente – scrive Finestre sull’Arte – che si tratta di un ritratto stereotipato, di un dipinto che con la profondità, la sapienza tecnica e il magnetismo delle opere di Leonardo non ha niente a che fare. E non dobbiamo neppure aspettarci che il dipinto di Acerenza faccia uno stabile e duraturo ingresso nel dibattito scientifico: semplicemente è lecito immaginarsi che non verrà neppure presa in considerazione, al contrario di quanto successe, per esempio, per il cosiddetto Cristo Gallino attribuito a Michelangelo. E questo per un motivo molto semplice: per usare un’efficace espressione di Tomaso Montanari, se scambiare il Cristo Gallino per un Michelangelo era come confondere un leone con un gatto, scambiare la Tavola di Acerenza per un autoritratto di Leonardo equivale a prendere una bicicletta per una portaerei.

Ma lui, Barbatelli, con i suoi amici è convinto. (segue alla pagina successiva)

2 / 3