Elezioni in Basilicata. “L’ammuina” dei partiti che ha logorato i lucani

Pittella va con Bardi, i vecchi comunisti vanno coi preti e i lucani vanno a quel paese. Intanto rispunta Piero Marrese. Riassunto di una commedia che chiamano politica

Pittella va con Bardi, i vecchi comunisti vanno coi preti e i lucani vanno a quel paese. Dunque, riepiloghiamo, in estrema sintesi. All’inizio fu il verbo: Angelo Chiorazzo, l’imprenditore clericale, si auto proclama candidato presidente della Regione Basilicata offrendosi al campo largo. Evviva. Tutti alla corte del messia, tranne i partiti minori che contestano il metodo, tranne il M5S che non lo gradisce per niente. Chiorazzo un giorno è candidato, un altro si ritira e un altro ancora non si ritira.  Finge, solleva fumo. Tira e molla tira e molla il Pd e il M5S insieme fanno strage di nomi, come se nulla fosse annunciano e bruciano candidati professionisti, esponenti dei loro stessi partiti, ma poi chiudono su un nome: Domenico Lacerenza. Una scelta che appare subito come un “tanto per…” Chiudiamola e basta, chi s’è visto s’è visto. Questa decisione appare incredibile allo stesso oculista il quale senza alcuna coscienza del limite accetta e si lascia andare anche a dichiarazioni azzardate: “il mio compito sarà quello di individuare i problemi e di trovare le soluzioni”. Caspita! L’inadeguatezza del candidato diventa chiara a molti. Si sollevano indignazione e proteste dentro il Pd e tra i cittadini. Ma loro – gli autori del capolavoro – non mollano e Lacerenza insiste nella sua posizione. Si riparte col gioco delle tre carte: da un lato alcuni esponenti locali del Pd e del M5S spingono affinché l’oculista resti fermo al suo posto mentre altri esponenti del Pd e non solo cercano di convincerlo a mollare, anche quelli che in prima battuta hanno sostenuto la scelta.

In pratica Lacerenza è stato usato e si è fatto usare nella guerra interna a quel gruppetto di dieci-quindici personaggi che vogliono riprendersi il potere in parte ridimensionato dalla vittoria del cdx nelle elezioni del 2019. Qualcosa non quadra in quelle ore. Infatti, si ricomincia col doppiogiochismo e tutti i gattovolpisti si affrontano negli scantinati della politica. Nel frattempo la Basilicata diventa la barzelletta del Paese e il “povero” oculista viene deriso in tutte le salse. Così rinuncia alla candidatura. Ma abbiamo dubbi che il ritiro sia dovuto, come lui scrive, alle reazioni dell’opinione pubblica che, come sappiamo ha mostrato di non accettare imposizioni da Roma. Più verosimile invece che abbia ricevuto l’ordine di farlo. Da chi? Dagli stessi che lo avevano candidato, Chiorazzo compreso. L’obiettivo era chiaro: girare le frittate in modo tale che il piatto tornasse sulla tavola di Chiorazzo.

In questa giostra Pittella vede un varco e si infila. Così rilancia Chiorazzo nella speranza di risedersi al tavolo del centro sinistra e di isolare il M5S che ha posto il veto su di lui. Ma non è facile, le resistenze al suo nome restano, soprattutto tra i suoi vecchi compagni del Pd. La faccenda dura qualche ora senza che si arrivi al dunque.  Perciò Azione cerca un confronto con Bardi, mentre discute con Chiorazzo e con altri esponenti del fu campo largo mai esistito. Nel frattempo, Bardi fa sedere alla tavolata del centrodestra Mario Polese e Luca Braia di Italia Viva. Nella mattinata di oggi Calenda lascia intendere che Azione sarà alleata di Bardi. Fonti romane danno per certa la chiusura dell’accordo.  Ad ogni modo qui diamo per certa l’alleanza Bardi-Azione, anche se la faccenda non pare completamente chiusa. Ma non è detto che Pittella si candidi, magari candiderà  al suo posto persone di fiducia. E siccome qui, molte volte, la politica è affare di famiglia, non è escluso che nella possibile lista Pd-M5S e altri sia candidato il figlio di Gianni Pittella che non condividerebbe la virata a destra del fratello. Dunque avremo Azione a destra e Marcello Pittella di lato? Probabile.

Nella tarda serata di ieri, finalmente escono allo scoperto alcuni dei manovratori occulti nella vicenda elettorale di queste settimane. Vecchi volponi del Pd e del sistema di potere lucano, mischiati con qualche ingenua e sincera personalità, firmano un documento pro-Chiorazzo. Personaggi quali Filippo Bubbico, Vincenzo  Folino, Nicola Savino, Salvatore Blasi, Carmine Castelgrande, Vito Giuzio, Franco Mollica, Donato Salvatore, Luigi Scaglione, Franco Vinci scrivono: “…non vogliamo rinunciare a coltivare la speranza di cambiamento a tutela dei lucani e per questo motivo ci rivolgiamo ad Angelo Chiorazzo perché riprenda la funzione di leadership della coalizione aggregando tutte le forze interessate al cambiamento e al recupero di credibilità e di prestigio dei cittadini lucani oggi gravemente ferito da cinque anni di pessima gestione e dagli opportunismi di queste ultime ore. La Basilicata ne ha bisogno.”

Mi chiedo, e credo che se lo chiedano i lucani più avveduti, con quale credibilità queste persone parlano in quel modo? Le loro storie politiche, e in alcuni casi anche personali, riducono i loro discorsi in coriandoli buoni per carnevale. Ma per favore! Alcuni, tipo Roberto Speranza e Vito De Filippo, Vito Santarsiero, si saranno distratti, perché la loro firma non c’è, ma c’è per procura, basta leggere i nomi dei sottoscrittori. Tuttavia, per i due c’è un problema: firmare significa mettersi fuori dal partito perché sanno che Schlein non cede il simbolo a quel pezzo di di Dem che sostiene Chiorazzo. Fatto sta che nuovi e vecchi potentati si aggregano intorno all’imprenditore clericale.

E che fine ha fatto il M5S?  A quanto si apprende da fonti Dem lucane, sarebbe chiuso l’accordo tra Pd, 5 stelle, Verdi, sinistra italiana, socialisti, Basilicata Possibile sulla candidatura del presidente Pd della provincia di Matera, Piero Marrese. Una soluzione in zona cesarini per salvare la faccia al mai esistito campo largo. Staremo a vedere. Tuttavia, ormai siamo abituati, non è detto che sia Marrese il candidato al momento del deposito delle liste.

Ad ogni modo, ad un certo punto, sembra che il disegno dell’imprenditore clericale e dei suoi amici potenti romani, si sarebbe compiuto, con una formula modificata.  Chiorazzo ha saputo fare bene “ammuina”: …Chi sta a prua vada a poppa e chi sta a poppa vada a prua; chi sta a destra vada a sinistra e chi sta a sinistra vada a destra; chi sta sottocoperta salga e chi sta sul ponte scenda…” Ed è andata proprio così. L’imprenditore amico di Donato Macchia ha dimostrato di essere sì un personaggio politicamente vuoto, ma è senza dubbio ricco di risorse retoriche e con un enorme bagaglio di furberie. Basilicata Casa Comune, lo abbiamo già scritto, diventa la pista di decollo del progetto Italia Casa Comune. Una forza politica futura fondata su contenuti ben delineati dal vescovo Vincenzo Paglia nel corso dell’assemblea costitutiva di Umbria Casa Comune. Qui la relazione di monsignor Paglia

Tuttavia accade qualcosa e anche l’ipotesi di corsa “solitaria” di Chiorazzo con i vecchi esponenti Dem firmatari del documento di cui sopra, alle ore 13 di oggi, traballa. Infatti, la mancata alleanza con Pittella potrebbe costringere l’imprenditore clericale a virare su Piero Marrese. In tal caso il gioco dell’oca durato settimane, sarà concluso. Un gioco che ha logorato più i lucani che gli esponenti dei partiti.

Fin qui il riassunto complicato di una confusione mai vista, chiuso alle ore 13.40 del giorno 17 marzo 2024.

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