L’invasione dell’ignoranza e l’astensionismo degli indifferenti

La violenza sta diventando “l’ultimo rifugio degli incapaci”, il teatro preferito da chi non ha un vocabolario

Frasi minacciose contro candidati: “Muori ammazzata”. Fumogeni e atti vandalici a danno della sede di un comitato elettorale a Potenza. Senza contare quanto accaduto nel Paese nelle ultime settimane da Milano a Bologna, da Piacenza a Palermo. E’ la prova che quando si usano parole violente nello scontro politico, è facile passare alle vie di fatto.

Questa violenza è il sintomo dell’invasione dei cretini. Le strutture e le sovrastrutture cognitive dell’ignoranza hanno esondato dai social media per allagare i luoghi e gli spazi della convivenza civile e del confronto politico. Per cui la violenza sta diventando “l’ultimo rifugio degli incapaci”, il teatro preferito da chi non ha un vocabolario. Eppure quella violenza non nasce dentro gli incapaci, non sorge dalle viscere del cretinismo e dell’ignoranza: essa ha origini nelle parole del vocabolario della follia. Il vocabolario di chi ha perso la ragione per non avere torto. Ma non basta. Perché la violenza dilaghi c’è bisogno dell’indifferenza.

Tra follia e indifferenza c’è un legame forte, lo stesso legame che c’è tra parole e silenzio, tra azione e immobilismo. Le parole e le azioni della follia hanno bisogno del silenzio e dell’immobilismo dell’indifferenza. In questa relazione si sviluppa una miscela che fa della violenza una pratica politica, un metodo di interazione sociale. Dinamiche visibili in questa campagna elettorale, naturalmente per chi vuole vederle. Dinamiche travestite nei discorsi pubblici, nell’assenza assoluta di confronto e nell’apoteosi dei monologhi. Fateci caso. In questa campagna elettorale, la politica ha sottratto all’opinione pubblica il diritto di assistere al confronto tra candidati, tra idee e programmi, tra una faccia e l’altra. Tutta la competizione elettorale si è sviluppata in una serie di monologhi con cui i leader e i candidati in beata solitudine e senza contraddittorio diretto hanno raccontato di tutto e il contrario di tutto.

L’assenza di una vera dialettica tra le offerte politiche in campo, ha spostato l’asse del confronto. Per cui ai cittadini si chiede fedeltà non fiducia, appartenenza non consenso. Da qui nascono i discorsi, ossia i monologhi, equipaggiati con parole armate di durezza e di odio e lanciate come granate nel mucchio degli elettori. E’ facile con le parole armate innescare miscele esplosive. Il rischio è che la gente si convinca che la violenza sia la soluzione rapida ai problemi. In realtà, sappiamo, che è la violenza il problema.

E allora, allora si vada a votare, evitiamo di nutrire le parole della follia col silenzio degli indifferenti. La neutralità, diceva Wiesel, favorisce l’oppressore, mai la vittima. Il silenzio aiuta il carnefice, mai il torturato. Cerchiamo, in questo marasma di follia, lo spazio della dignità. Andiamo a votare e stiamo attenti ad evitare i cercatori di fedeltà.