Le palle potrebbero salvare la Provincia di Matera

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    La Provincia di Matera si poteva salvare e si può ancora salvare. Ma ad una condizione. Che la Basilicata la smetta di fare paccottiglie politiche e istituzionali. Lo spettacolo indecoroso a cui abbiamo assistito in queste settimane, va chiuso immediatamente. Pericoloso aggiungere nuovi atti ad una rappresentazione teatrale grottesca e mortificante. Che si abbassi il sipario, si smontino le quinte e si ritorni La conduzione del dibattito e il percorso adottato segnalano una incapacità sostanziale della Regione e dei Comuni di Matera e Potenza nell’affrontare temi delicati come la coesione sociale e l’organizzazione del territorio politico. In molti si sono mossi come il classico elefante tra le cristalliere. Danni, si sono provocati solo danni. Intanto il Governo Monti tra qualche mese non ci sarà più, intanto è possibile, come ha già fatto la Lombardia ricorrere alla Corte Costituzionale, intanto si poteva aspettare, violando prescrizioni che non sono la Bibbia. A volte bisogna avere il coraggio di “non rispettare” regole che ci sembrano abnormi, e dannose per la popolazione. Sarebbe stato giusto e saggio mantenere sulla questione una forte coesione politica senza distinzione tra partiti o maggioranze e opposizioni, nella direzione di un obiettivo comune. Invece ci siamo trovati di fronte a schieramenti trasversali che hanno perseguito obiettivi divergenti. Kafka non ci capirebbe nulla. Le Province vanno abolite, tutte, o nessuna. Magari occorre tagliare, transitoriamente, laddove è evidente un’eccedenza inutile e costosa. Comunque bisognava stabilire un limite minimo di due Province, perché una sola, come s’è visto è improponibile soprattutto in Basilicata. Ma si può ancora riparare i danni compiuti. Fare fronte comune e pretendere il mantenimento della Provincia di Matera. Pretendere. Ossia minacciare le dimissioni di tutto il Consiglio regionale e dei due Consigli Comunali e, se necessario, passare dalla minaccia ai fatti. Minacciare le dimissioni dei deputati e dei senatori lucani e, se necessario, passare ai fatti. Minacciare il boicottaggio delle liste e del voto alle prossime elezioni politiche: niente candidati, niente liste, niente voto. La Basilicata non vota. Tutte le ipotesi che circolano in questi giorni, siano giuridiche, siano di ingegneria istituzionale lasciano il tempo che trovano. Perché sono tutte fondate sul presupposto che la legge sul riordino delle Province è intoccabile. Presupposto sbagliato. Così come sbagliato è il presupposto per cui bisogna necessariamente rispettare una legge che non piace affatto, subita, che violenta la storia e schiaffeggia la popolazione lucana. Non c’è altra via d’uscita che opporsi con ogni mezzo alle pretese di un Governo e di un Parlamento distanti anni luce dalla vita reale. Il coraggio è adesso. In caso contrario andate tutti a casa, anche senza ottenere nulla. Almeno i cittadini avranno il vantaggio di liberarsi da una classe politica incapace e senza palle. Questa amara vicenda ha messo a nudo la fragilità degli equilibri territoriali di potere, di partito, di correnti, di campanile, di personaggi più o meno attenti ai propri interessi. La fragilità di una sistema di relazioni che si regge esclusivamente sulla spartizione delle convenienze in base alla grandezza della torta. Ma è evidente che appena la tavola si fa più piccola e i vincoli della spartizione si fanno più difficili, il sistema salta, va in alta tensione e si rompe. Adesso vedremo chi difende davvero gli interessi della Basilicata e chi, al contrario, difende i propri.

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