Giovani lucani, bruciate i vostri diplomi, stracciate la laurea, spegnete le vostre idee. O fate come me: rompete le righe!

La lettera di Donatella Pascale, ex assessore del Comune di San Fele: "Io alla conservazione di questo feudalesimo non ci sto"

Oggi ho rassegnato formalmente le mie dimissioni dalla carica assessorile, una decisione sofferta ma doverosa ed inevitabile.

Sono trascorsi tre anni dalla mia nomina, allora accettata con entusiasmo e voglia di rigenerare speranze, convinta, della mia visione ideale ed ingenua – forse – che le scelte e le decisioni di una classe dirigente seguissero la stella polare del bene comune e non il tornaconto di partito, di poltrona o peggio ancora di chi concede favori in cambio di benefici .

Tante sono le motivazioni che mi supportano in questa scelta : prima fra tutte la convinzione di essere ormai distante rispetto ad una politica avvitata sempre più sulla ricerca ossessiva del consenso immediato piuttosto che su programmi efficaci di lungo periodo, vittima dei partiti che ormai non esistono più, disgregati e sfiduciati dai cittadini, sopravvivono solo a parole e dove pur di conquistarsi una poltrona si alleano, anzi si ammucchiano, proponendo scatole chiuse e vuote di soluzioni.

Ho messo la faccia sin dal primo giorno per sostenere al massimo tutte le azioni amministrative, mettendo a disposizione la mia professionalità, il mio tempo, la mia caparbietà, la mia energia, la voglia di fare e condividere.

Ho dovuto conquistarmi uno “spazio politico ” che ha significato dover superare quel pregiudizio radicato secondo cui la politica “non è affare da donne” ma è terreno maschile. Ovviamente per molti uno spazio “subito” visto che non è stata una scelta libera ma solo una presenza obbligata dalla legge, e che purtroppo non genera anche un cambio culturale , poiché la voce di noi donne in politica è ancora assolutamente inascoltata.

Ma la verità che mi è parsa ancora più avvilente rispetto a questi pregiudizi è che in realtà non si vuole dare spazio a persone che portano con sé un nuovo modo di interpretare la politica, dove la vera innovazione non è rappresentata dall’utilizzo abile dei social network ma è fatta di coraggio di cambiare , di rifiutare le vecchie propagande, tutte uguali e mai realizzate.

E’ qui che la mia delusione sente il bisogno di rivelarsi perché evidentemente “l’aria che tira” in questo momento è di garantirsi la sopravvivenza a scapito delle nuove generazioni che crescono oppresse ed incerte, incapaci di autodeterminarsi, prive di coraggio nel fare scelte e prendere decisioni in autonomia.

Vedete il punto è questo: quali impegni hanno preso le attuali classi dirigenti per trattare bene noi giovani lucani? Nessuno, perché questo è uno sforzo che richiede presa di posizione e rinuncia a qualche privilegio , ma è chiaro che lo scollamento con le nuove generazioni si rimedia solo nello stendere, con promesse qua e là, Vinavil sulla propria poltrona !

Il mio è uno sfogo amaro ed arrabbiato: ho lottato per una mia indipendenza economica e gratificazione personale, come hanno fatto tanti ragazzi come me, ma il sistema politico mi ha combattuto, non vuole che i giovani si emancipino, portino avanti i loro progetti, le loro idee.

E’ utile che rimangano sudditi, servi, culturalmente , ancor prima che economicamente. Debbono essere fedeli, non leali; subalterni, non capaci; precari, non autonomi; possibilmente impacciati, insicuri, timorosi, per non riuscire a liberarsi della morsa del capobastone.

Io che cercavo l’autonomia, la libertà, la sicurezza economica ero percepita come scomoda, pericolosa e per questo quell’ autonomia me la sono dovuta conquistare altrove verso le Regioni del nord per poter avere riconosciuta una professionalità, un saper fare, una voglia di crescere.

Mia nonna mi diceva che se vuoi avere successo e un buon lavoro in questa Regione non far mai vedere che sai contare sino a dieci.

Aveva ragione: nulla è cambiato da allora. Il feudalesimo è immanente a se stesso, si conserva, si procrastina.

E allora cari giovani lucani: nascondete i vostri diplomi, stracciate la vostra laurea, chiudete i vostri orizzonti, spegnete le vostre idee, non sono utili al feudalesimo e vi penalizzeranno.

Oppure fate come me: rompete le righe, disobbedite agli ordini, affrancatevi da questa servitù, culturale e professionale. Io alla conservazione di questo feudalesimo non ci sto! Almeno potrò dire: not in my name!

Scelgo oggi di non essere complice di questo modo di “fare il futuro” della mia Comunità e della mia Regione, ma soprattutto non perdo la speranza di poter cambiare le cose perché tutti noi abbiamo la libertà e le competenze per poterlo fare ed è questo che spaventa chi non sa fare altro che distribuire promesse.

Non voglio però chiudere questa esperienza solo con uno sfogo, con la rabbia e la tristezza nel cuore. Sapendo che alcuni penseranno che sono impazzita, che sicuramente subirò ritorsioni, e che non mancherà chi, magari con fare amichevole, si avvicinerà per dirmi: chi te lo ha fatto fare, meglio “attaccare il ciuccio dove vuole il padrone”.

Per me questa battaglia di libertà è appena iniziata e durerà molto a lungo. Sarò sì diversa e scomoda ancora più di prima ma a testa alta. A me spero vogliano unirsi altri, magari in un movimento nuovo che si chiami “Basilicata libera” o qualcosa del genere.

Un movimento nuovo che non abbia nulla a che vedere con i partiti del passato e che sia una casa aperta per tutti quelli che, come me, a questo gioco non vogliono più giocare, che non vogliono portare il giogo e che non vogliono emigrare ma hanno davvero a cuore il futuro di questa terra e di quei giovani, pochi o tanti che siano, che un domani sceglieranno fieramente di abitarla.

 

Donatella Pascale, San Fele