Monsignor Ligorio tra marketing e calcio

Se il vescovo va allo stadio: spirito religioso e spirito commerciale

Candidati che non si perdono una processione e neanche una messa. Vanno in chiesa e qualcuno quasi pretende di salire sull’altare, per un comizio “spirituale”. Il bello è che i preti, lo consentono. Come sarebbe accaduto in un paese della provincia di Potenza dove un partito politico, con l’autorizzazione del prelato, avrebbe svolto l’assemblea nel salone del convento, nei giorni successivi la caduta di Draghi. A Savoia di Lucania nei giorni della festività del santo patrono, il prete non fa nulla per impedire il concerto, in “onore di san Rocco”, di un cantante neo melodico che inneggia alla cultura mafiosa.

L’ultima, ieri, allo stadio Viviani di Potenza. Il vescovo Ligorio si presenta con il berretto gentilmente fornito da un’azienda, con tanto di marchio, e diffonde un messaggio ai tifosi molto distratti da altro. Uno spettacolo imbarazzante. Che c’entra la chiesa con il Potenza Calcio, con quel marchio sulla testa di un vescovo, con la tifoseria eccitata dalla partita che sta per cominciare? Il rischio è che queste stravaganti commistioni fungano da endorsement a personaggi e situazioni che con l’acqua santa avrebbero qualche problema.

Un prelato che pubblicizza il marchio di un’azienda è imbarazzante. Un esponente del clero che si fa strumentalizzare in quel modo non è credibile. Aspettiamo di vederlo, Ligorio, a Picerno, per onorare anche la squadra di quel paese. Tanto per non dare la sensazione che per la Chiesa nel calcio lucano ci sono figli e figliastri. Certo, se la gente non va in chiesa, è lodevole che la Chiesa vada dalla gente, anche negli stadi, perché no. Ebbene, Ligorio si faccia tutto il campionato.