Uccelli rapaci avvelenati nel Parco del Pollino

"Necessario aumentare i controlli su queste attività illecite, contrastandole anche con una corretta campagna di informazione a tutela della biodiversità"

È passato circa un mese da quando sono state ritrovate quattro carcasse di rapaci a pochissima distanza l’una dall’altra all’interno nel territorio di Frascineto, nel Parco Nazionale del Pollino, a circa 1100 m di quota. Si è trattato di un gravissimo atto di avvelenamento realizzato da bracconieri, probabilmente con l’intenzione di uccidere illegalmente alcune specie ritenute nocive. Una pratica che provoca sofferenze atroci, una vera piaga per l’Italia, in cui si contano ogni anno centinaia di decessi. A farne le spese sono soprattutto mammiferi e rapaci che si nutrono di carogne. A segnalarlo sono il Gruppo Locale di Conservazione Lipu “Area delle Gravine” Lipu Basilicata, Lipu Calabria, Delegazione Basilicata AIW, Gruppo Lupi San Severino Lucano.

I Carabinieri Forestali -spiegano- hanno avviato le indagini subito dopo la nostra segnalazione, scoprendo ad oggi ben tredici carcasse di rapaci trovati morti per probabile avvelenamento: si tratta di alcuni individui di corvo imperiale (Corvus corax) e nibbi reali (Milvus milvus) e per la maggior parte grifoni (Gyps fulvus). Quest’ultima specie purtroppo è a rischio critico di estinzione in Italia, proprio a causa dell’uso dei bocconi avvelenati, tanto che dal 1950 al 2000 la popolazione italiana si è ridotta di più dell’80%. Solo grazie agli importanti progetti di reintroduzione e alla realizzazione di un piano d’azione di tutela, si è riusciti a salvare la presenza della specie nel nostro territorio. Purtroppo anche il nibbio reale è una specie non in buono stato di salute, e una delle principali cause del suo declino sono le uccisioni illegali.

Questo evento drammatico fa il paio con quanto è successo in Abruzzo, precisamente a Cocullo dove sono stati uccisi: un branco di lupi, otto grifoni e quattro corvi imperiali. Diversamente è andata nel parco regionale Sirente Velino, dove è stato sventato un altro gravo tentativo di avvelenamento, con il ritrovamento per tempo della carcassa di un maiale cosparsa di veleno.

Diventa dunque, necessario -concludono- aumentare i controlli su queste attività illecite, contrastandole anche con una corretta campagna di informazione a tutela della biodiversità. Il concetto di specie nociva non è più accettabile: la perdita di biodiversità è un rischio troppo elevato per la salute e il benessere umano: non bisogna dimenticare che le specie necrofaghe hanno un ruolo primario importantissimo all’interno dell’ecosistema, svolgendo un vero e proprio lavoro di spazzini della natura, aiutando a ridurre la proliferazione di importanti patogeni nell’ambiente.