I lucani con la sindrome di Peter Pan in cerca di un nuovo patrigno

La Basilicata non ha bisogno di patrigni o padri putativi o profeti, ma ha bisogno della maturità dei suoi cittadini. E' l'ora di smetterla di ingannare noi stessi

C’è una Basilicata che ha bisogno di un padre, di un patrigno, di un profeta. E’ la Basilicata di chi fa, male, il mestiere degli altri e quella di chi non fa il proprio. E’ la parte “malata” di una società che si è persa in un nuovo infantilismo storico. Fatta di figure grottesche figlie di antichi e recenti paradossi nati nella crisi di identità socio-economica: petrolio contro agricoltura; chimica contro turismo; lavoro contro ambiente e salute; la mia famiglia contro l’interesse generale; vita mia contro vita tua; la mia carriera contro la tua. Non la mia idea che non ho, contro la tua che non hai, ma io contro di te, lui contro l’altro. Un campo dicotomico da cui nasce una diffusa sindrome collettiva di Peter Pan. Una società immatura, un’opinione pubblica debole e facilmente manipolabile. Credere alla Befana per molti è una questione di comodità.

Un panorama dicotomico sfociato nella schizofrenia, creato come scenario di dibattito quotidiano destinato al nulla. In questa situazione si infilano gli aspiranti padroni di casa. Come al solito maschi, bianchi, cattolici, ricchi.

È la Basilicata che ha bisogno di un padre che non ha, che trova compensazioni, da decenni, nelle braccia di patrigni di ogni specie ammirati da pulci che ruggiscono e leoni che ragliano, asini che cantano e pecore che scrivono. Sono i patrigni che hanno rimbecillito migliaia di persone mettendole l’una contro l’altra in una competizione carnascialesca, seppure pericolosa.

Ecco, qualcuno da mesi propone la soluzione di un padre putativo, ossia un padre in cui credere, che sappia sedurre quella parte di popolazione che ha bisogno di riferimenti, appigli, in cerca di una qualche apparente sicurezza. Un patrigno che sappia rassicurare i soliti scudieri rimasti senza cavallo e senza padrone, i soliti sacrestani rimasti senza chiesa e i soliti mercenari della politica rimasti senza generale. Un padre che sappia elargire prebende a chi ne soffre l’astinenza, che sappia tranquillizzare uomini e donne d’affari. Un padre sensibile alle esigenze di coloro a cui il voto democratico ha sottratto fette di potere e di influenza. Un padrone che sappia restituire ai colletti bianchi, e agli esponenti politici di tutte le stagioni, i favori ricevuti.  Un uomo, insomma, che sappia utilizzare i miliardi di euro in arrivo in Basilicata per affermare una sua propria egemonia nello stesso vecchio sistema egemonico lucano. Cambia il padrone di casa, ma la famiglia rimane la stessa, con tanti ritorni nella nuova abitazione, con nuovi appetiti e con gli inganni di sempre. Insomma, nuovi pastori hanno gioco facile se le pecore sono sempre le stesse.

Dobbiamo sperare, ancora una volta, che i lucani capiscano. La Basilicata non ha bisogno di patrigni o padri putativi o profeti. La Basilicata ha bisogno della maturità dei suoi cittadini. Purtroppo questa maturità bisogna costruirsela da soli, con la volontà: di conoscere, di scavare nei fatti, di esercitare il pensiero critico, di coltivare dubbi. In caso contrario, continueremo a non accorgerci di nulla, a non vedere il pericolo nelle false opportunità, a scambiare i gattovolpisti per benefattori. Insomma, smettiamola di ingannare noi stessi.