La Basilicata delle coincidenze nel “mercato nero” del consenso

La carestia di politica nella campagna elettorale lucana. La minestra e la finestra

Oggi, sul Quotidiano del Sud, Vincenzo Viti scrive un commento molto interessante che invito a leggere. Condivido la sua riflessione e il suo rammarico. Ad un certo punto, rivolgendosi agli elettori di centrosinistra – almeno così mi pare – invita a resistere a ricatti e imposizioni: “nessuno può imporci una minestra che non ci piace”. Giusto.

Purtroppo esiste un modo per obbligare gli elettori a consumare una pietanza sgradita: la fame. Quando hai fame mangi qualunque minestra altrimenti soffri o muori. Ed è questa la strategia, consapevole o inconsapevole, che gran parte del cosiddetto campo largo ha messo sul tavolo: affamare i cittadini che hanno ancora voglia di politica, di partecipazione, di democrazia.

Questo nutrimento civile è stato ritirato dal banco del discorso pubblico e sostituito con surrogati quelli sì indigesti al cui consumo si vorrebbe costringere i cittadini: politicismo, al posto della politica, tifoseria al posto della partecipazione, decisionismo autoreferenziale al posto del dibattito pubblico. La responsabilità principale di questa carestia di politica è chiara ormai a tutti. Non voglio più fare nomi perché ormai certa gente non è più persona, ma personaggio, un prodotto reclamato all’ingresso dei supermercati. Ecco, hanno ridotto il voto a una merce di consumo. Eppure, votare dovrebbe essere un contributo individuale all’investimento collettivo nel futuro di un territorio. Ciascuno secondo la propria visione o preferenza. Ma non è più così, almeno da queste parti. Qui, il “mercato nero” del consenso si esprime attraverso un quadro di coincidenze che coincidenze non sono.

Aziende con i loro azionisti, giornali, banche, imprenditori, giornalisti, notai, avvocati, commercialisti che in un modo o nell’altro hanno nel tempo intrecciato i propri interessi nelle sfere della politica, delle istituzioni, della finanza, dell’economia, della cultura. Oggi li vedi tutti insieme appassionatamente, agguerriti assalitori della diligenza che trasporta le risorse pubbliche da Bruxelles e da Roma. La spunterà il più furbo e chi riuscirà a mettere in campo l’equipaggiamento più potente. Ma la catena del dis-valore di produzione del consenso a tutela di interessi privati, sia da un lato sia dall’altro è la stessa: banche-imprese-politica-relazioni-denaro- consenso. I cittadini non sono altro che comparse, anche a loro insaputa, nella cinica sceneggiata i cui autori chiamano dibattito elettorale. E’ più coerente parlare di rissa elettorale e di fiera dell’arroganza.

Non è una coincidenza se intorno ad alcuni imprenditori vocati oggi alla politica troviamo banchieri, bancari, dispensatori di mutui e di finanziamenti facili. Non è una coincidenza se intorno ad alcuni politici, sempre vocati agli affari, oggi troviamo banchieri, bancari, imprenditori, editori. Non sarebbe una coincidenza se tutto questo fosse normale dialettica tra interessi legittimi e pubblicamente esposti. Però così non è.

©Riproduzione riservata