Il bonus di 600 euro al tempo degli sciacalli

Ingiustizie, disuguaglianze, povertà. Il Paese rischia grosso

La vicenda del bonus di 600 euro intascato da parlamentari, consiglieri regionali ed altri ricchi accattoni, non è diversa da altre che hanno contribuito alla sfiducia dei cittadini nella politica e nelle istituzioni. Le magagne sui rimborsi, per esempio, hanno rappresentato il punto più basso di una politica ridotta a mestiere alternativo al fancazzismo. Gli scandali sulla corruzione e sui rapporti collusivi e associativi tra esponenti politici e mafie, tra politica e magistratura, scatenano ogni volta l’indignazione popolare. Eppure, la questione del bonus sembra abbia avuto un impatto violento sul Paese. Probabilmente la vicenda ha toccato le corde più sensibili del legame, già fragile, tra cittadini e loro rappresentanti nelle istituzioni.

Anche i politici che hanno un’azienda non sono giustificabili poiché si tratta non di 60mila o 600mila euro, ma di 600 euro. E dunque o si è accattoni egoisti o si è stupidi. La dignità, l’onorabilità, l’onestà, la capacità di discernere ciò che è giusto da ciò che è consentito, dovrebbero essere l’abc etico, politico, di tutti i rappresentanti del popolo.

Pochi spiccioli non possono mettere a rischio la democrazia. Eppure, ripeto, è già accaduto in altre forme anch’esse deplorevoli. Questa volta, però, ha giocato la disperazione delle persone, l’avvertimento profondo dell’ingiustizia subita da chi ha dovuto sudare sette camice per avere un contributo, un sostegno in una situazione di grave crisi economica e – diciamolo – sociale. L’opinione pubblica percepisce – non a torto – di trovarsi di fronte a una forma di sciacallaggio.

Sul reddito di emergenza, per esempio, il Governo ha messo regole, paletti, limiti, tanto che molta gente, seppure povera o in gravi difficoltà non è riuscita ad ottenerlo. E questo vale anche per altre misure. Il sostegno alle famiglie o ai singoli in gravi difficoltà sarebbe stato giusto erogarlo con la stessa manica larga con cui è stato elargito – giustamente – il bonus di 600 euro.

Purtroppo prevale il solito comodo pregiudizio per cui senza limiti e paletti ci sarebbero stati abusi da parte dei soliti furbetti. Questo principio della presunta furbizia, o truffa, viene sempre applicato ai più poveri.

Non a caso si continua a semplificare tutto per favorire le imprese, i cantieri, i consumi meno nobili, mentre la gente che non sa come mettere il piatto in tavola deve districarsi nei meandri di una burocrazia ottocentesca.

L’ho già scritto in molte occasioni: l’azione di governo deve ispirarsi a principi di giustizia sociale, di equità, di riduzione delle disuguaglianze economiche e sociali. Le riforme strutturali devono avere come bussola queste priorità. Altrimenti il rischio è che tra qualche anno ci ritroveremo con i ricchi ancora più ricchi, con i furbi ancora più furbi, con gli egoismi corporativi ancora più invadenti, e con una povertà strisciante e dilagante accompagnata da una drastica riduzione dei diritti sociali.

 

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