Il Governo dimentica le imprenditrici agricole

Di Gilio (Cia) "In Basilicata è in corso da diversi anni un percorso di crescita delle donne al timone di aziende"

La “dimenticanza” delle imprenditrici agricole da parte del Governo nelle misure a sostegno dell’imprenditoria femminile con il nuovo Decreto Interministeriale del 24 novembre 2021, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il primo febbraio scorso, è del tutto ingiustificabile”. A sostenerlo è Lucrezia Di Gilio, presidente di Donne in Campo-Cia riferendo che le presidenti di Donne in Campo-Cia, Pina Terenzi e di Confagricoltura Donna, Alessandra Oddi Baglioni hanno immediatamente scritto al ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, al ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti e all’onorevole Elena Bonetti, dipartimento Pari Opportunità, proprio per chiedere un incontro urgente per valutare a tutto campo le misure di sostegno all’imprenditoria agricola femminile.

Nel sottolineare che l’incidenza delle donne nelle aziende agricole lucane va al di sopra della media nazionale (30 per cento), Di Gilio evidenzia che in Basilicata “è in corso da diversi anni un percorso di crescita delle donne al timone di aziende, agriturismi, fattorie sociali, attività di trasformazione dei prodotti alimentari, strutture di ricerca”. Aumenta la capacità delle donne di fare impresa agricola e, insieme, sale la necessità di una partecipazione attiva e diretta alla rappresentanza dei loro bisogni. In Italia, purtroppo, la differenza di genere quando si parla di lavoro è un problema importante: le donne lavoratrici sono un numero nettamente inferiore rispetto ai lavoratori uomini e, quelle che ci sono, risultano avere un salario inferiore rispetto a quello dei loro corrispettivi maschi. Le donne in Italia possiedono il 21% della superficie agricola utilizzata, la dimensione delle loro imprese è inferiore rispetto alla media totale (circa 8 ettari): circa il 78% di esse è al di sotto dei 5 ettari (contro il 9,1 delle aziende maschili), mentre il 20% si colloca al di sopra dei 100 ettari. Il volume di produzione delle imprese femminili, inoltre, è mediamente di 16mila euro contro i circa 30mila euro di quelle maschili. Le donne – aggiunge Di Gilio – sono custodi della biodiversità mettendo al centro dello sviluppo post Covid agricoltura e territori, salvaguardia del cibo, la filiera agro-alimentare. E’ sempre più forte il legame tra ruralità, agricoltura, filiera agroalimentare, ruolo e centralità delle donne, biodiversità, tutela della terra, del suolo, delle foreste. Legame emerso ancora più forte nei drammatici mesi di emergenza sanitaria, in cui dovunque la filiera della vita ha dimostrato non solo la sua strategicità quanto il suo essere abitata, in grandissima parte, da donne. Per questo, per sostenere e valorizzare il ruolo delle donne in agricoltura e nell’agroalimentare, sono necessari sostegni per rafforzare e promuovere l’imprenditoria agricola femminile. ‘Riprendersi la capacità di immaginare il futuro’ è l’ultimo slogan su cui l’Associazione Donne in Campo vuole impegnarsi. L’Associazione crea ‘reti’ di donne sul territorio rurale, tesse relazioni tra le aziende e costruisce comunità e gruppi locali”.

“Nonostante siano stati stanziati 400 milioni di euro per la creazione di imprese femminili -proseguono le presidenti delle associazioni Cia e Confagricoltura- non sono stati previsti, finora, programmi di investimento diretti all’azienda agricola nel suo complesso produttivo, ma solo per l’attività della trasformazione dei prodotti agricoli”. “Non c’è dubbio -concludono Terenzi e Oddi Baglioni- sull’importanza dell’apporto innovativo delle aziende agricole condotte da donne, circa un terzo delle imprese attive. Sostenere e accompagnare la crescita di tutte queste imprese oltre che contribuire alla ripartenza apre la strada a un futuro più inclusivo e sostenibile”.