Verso il voto. Dietro le quinte delle alleanze

Spero che il M5S tenga ora la rotta: non ci si allea con chi ha fatto di tutto e di più per affossarti

Chapeau mister Calenda! Normalmente c’è poco o niente di quello che dice e fa che mi piace, e soprattutto la sua postura mi irrita. Ma questa volta veramente tanto di cappello! Non so se consapevolmente o meno ha stracciato il velo, ma che dico! la spessa coltre di ipocrisia che circonda la costruzione degli schieramenti elettorali in casa PD.

Letta ci ha spiegato in tutte le salse che per questa legge elettorale il nodo dei collegi uninominali è dirimente. Per vincerli occorre fare delle alleanze larghe, le più ampie possibile per difendere la Costituzione dall’assalto della destra.

La logica imporrebbe che con questa priorità il primo partito con cui allearsi avrebbe dovuto essere il M5S, a cui dal 2018 tutto si può rimproverare tranne di essere massimalista e poco flessibile. Ha persino votato 54 volte la fiducia al governo Draghi!

Però Letta ha escluso la possibilità di inserire il M5S nel campo delle possibili alleanze contro il pericolo della destra perché reo di lesa maestà per aver determinato la caduta del governo Draghi. In realtà la Storia ci racconterà che il M5S poco c’entra con la fine del governo Draghi ma evidentemente l’ostracismo verso i presunti draghicidi conta più della difesa dei sacri valori costituzionali, anche perché serve a mascherare i reali motivi della fuga di Draghi dal suo ruolo di primo ministro.

In tutta evidenza l’obiettivo reale del PD dal 2018 ad oggi è stato l’eliminazione del M5S.  Perché? Semplicemente perché il PD non può sopravvivere con una forza popolare che si collochi alla sua sinistra. Ne snaturerebbe la natura e si renderebbe evidente la sua reale e decennale collocazione politica nella destra liberista. Il calcolo politico di Letta pare essere stato quello di promuovere la migrazione dei parlamentari del M5S, come Di Maio, nella speranza di fagocitare l’intero Movimento. Che oggi Letta accusi Calenda di non essere credibile per non aver rispettato i patti appare ridicolo detto da chi ospita Di Maio e company nelle proprie liste.

In subordine all’obiettivo della eliminazione del M5S c’era e c’è la sua emarginazione realizzando una conventio ad excludendum che riproponesse lo schema dell’arco costituzionale di vecchia memoria DC aggiornato alla odierna situazione. Per farlo Letta non esita a ricorrere all’endorsement degli USA e dell’Europa, offrendo in cambio la garanzia di privilegiare gli interessi degli alleati (NATO o Europa che sia) anche a scapito del Paese. Insomma un centro che è l’unico abilitato alle funzioni di governo che escluda la destra, Meloni, e la sinistra, M5S.

Spero che il M5S tenga ora la rotta: non ci si allea con chi ha fatto di tutto e di più per affossarti.

Se non fosse ancora chiaro la posta in gioco è la realizzazione di una nuova DC che si ponga al centro del potere per il prossimo ventennio. Una visione del secolo scorso priva di quel legame con i ceti popolari della vecchia DC e quindi pericolosa per la tenuta del Paese prima che delle istituzioni e che per fortuna Calenda il 7 agosto 2022 ha rotto.

Quello che adombra il PD in caso di vittoria della destra è la formazione di una Repubblica Presidenziale. Cosa che potrebbe accettare solo con una riforma elettorale a doppio turno, in modo da poter contare su una mobilitazione generale contro il pericolo della destra fascista al secondo turno, come contro Le Pen in Francia.

Preferisce però di gran lunga lo statu quo perché con ‘democratiche torsioni costituzionali’, consentite solo al democratico PD, oggi beneficia di un presidenzialismo di fatto e senza regole costruito a sua misura.

Negli ultimi 20 anni, grazie a continue manovre di Palazzo, è riuscito sempre a governare pur avendo perso tutte le elezioni. Altro che difesa della costituzione e del rispetto della volontà popolare in essa previsto!

Nella nuova legislatura si riproporranno i tormentoni di quella passata finché il PD non tornerà al potere con nuovo governo tecnico a firma Draghi o qualsiasi altro prestanome. Con chi? Non importa. Nel nome dell’atlantismo anche con Giorgia Meloni, come vagheggiato dal Corriere della Sera tempo fa.

Quello che Calenda non ha capito è la necessità del PD della foglia di fico di Bonelli e Fratoianni per coprirsi a sinistra e sul piano ambientale e delle politiche sociali. Giusto per rinfrescare la memoria il massacro sociale della ‘agenda Draghi’ del 2011, attuata dai governi Monti e Renzi, la precarizzazione del lavoro con il job act, il massacro delle tutele sindacali, con l’abolizione dell’art. 18, fino a negare tutte le chiacchiere fatte sull’acqua bene comune con il DDL concorrenza di Draghi che prevede la privatizzazione dei servizi pubblici locali peraltro bocciata dai referendum del 2011. Sul tema ambientale l’inceneritore di Roma è stato il sasso tirato dal PD, nascondendo poi la mano, per mettere sempre più nell’angolo il M5S.

Per rifarsi una verginità si ricorre a fare propri, senza pudore, anche i temi su cui avevano attaccato e ridicolizzato il M5S, come il reddito di cittadinanza, il salario minimo e addirittura ci si intesta i 209 miliardi ottenuti da Conte il 19 luglio 2020 mentre il PD urlava su tutti i quotidiani la necessità del MES.

Ma mentre Meloni è da sempre di destra il M5S si è trovato quasi per caso a occupare l’area di sinistra anche perché tutte le altre aree politiche erano occupate. Vedremo con quale convinzione riuscirà a occupare questo spazio in modo credibile e se riuscirà a compiere un percorso virtuoso per se e il Paese in questa direzione.”

Pietro De Sarlo