Lettera aperta al paesologo Franco Arminio

La Basilicata non può essere il suo personale palcoscenico del dolorismo

In Basilicata, ma non solo, se cerchi di fare un ragionamento critico ma sempre culturale la chiamano “polemica” e la riducono quasi sempre a questione personale, ma così non è. L’ultima in ordine di tempo è il mio tentativo di sollecitare il poeta di Bisaccia – conosciuto come “paesologo” disciplina da lui fondata, lui così dice – a cambiare registro linguistico culturale nei confronti della Basilicata. In che senso? Arminio non legge il giornale che porta il nome della regione in cui opera, altrimenti avrebbe contezza di quel che accade e delle resistenze umane che vivono nei 131 paesi della Basilica.

Franco Arminio non difende il poeta che ha reso immortale il paese dove organizza il Festival La Luna e i Calanchi, Carlo Levi. E questo non sono io a ricordarglielo ma un suo lettore che gli chiede di prendere la parola anche per difendere l’unica donna che ha osato contraddire lo scrittore Gaetano Cappelli da quel suo “Levi ce l’ha coi terroni”, un ossimoro, e per questo è stata offesa e derisa con parole oscene. Nessuno l’ha difesa.

Nonostante l’invio degli articoli continua a far finta di nulla, anzi si offende. Franco Arminio invita alla gentilezza ma non la pratica. Invita al dialogo ma sceglie il monologo.

Franco Arminio non difende il paesaggio dei paesi dalle oscene pale eoliche. Il poeta non dà voce ai paesi devastati dal petrolio. Non difende il Centro Internazionale di Dialettologia, cosa molto grave, trattandosi di un patrimonio culturale linguistico dei paesi di cui egli fa sfoggio nei suoi scritti. Non sa nulla Arminio del Centro di Dialettologia e di tutto il resto, o fa finta di non sapere?

I dialetti lucani sono un patrimonio che va preservato, e chi dice di essere un paesologo dovrebbe saperlo. I dialetti costruiscono l’identità del paese, costruiscono alleanze e pensieri costruttivi. È da tempo che difendiamo questo patrimonio grazie alla prof. Patrizia Del Puente che lucana non è ma che ama davvero la Basilicata e crede in questo patrimonio linguistico pur non essendo una poetessa, anzi è di più, è una studiosa di linguistica.

Arminio sì è candidato alle europee con la lista di Tsipras, candidato sindaco al suo paese. Tutto dopo aver inventato il Festival la luna e i calanchi dove ha fatto sfilare politici regionali e nazionali. Ha decantato versi sulla tomba di Levi e contribuito a far credere che fosse una volontà dell’intellettuale torinese a farsi seppellire lì ad Aliano.

Ecco, sarebbe ora che cominciasse a parlare altrimenti può anche finirla di farsi chiamare paesologo, meglio presentarsi come poeta di versi controversi e fintamente, dolorosamente e inutilmente verso il nulla cosmico. E che fa pure il risentito se qualcuno osa chiamarlo in causa su ciò che fa o dice, siamo al delirio di onnipotenza. La Basilicata non può essere un mezzo di produzione egoica dell’artista Arminio. La Basilicata non può essere il suo personale palcoscenico del dolorismo. L’artista ha il dovere di difendere questa terra, di esporsi, di prendere parte. Altrimenti faccia uso dei paesi della sua regione.