Operato per due tumori: “se avessi aspettato la sanità lucana sarei morto”

Antonio Ciancio, 61 anni, di Francavilla in Sinni racconta la sua storia e anche i problemi in cui è incappato nel prenotare una visita in Basilicata

“Se avessi aspettato i tempi della sanità lucana sarei già bello e morto”, esordisce così Antonio Ciancio, 61 anni, di Francavilla in Sinni. Vuole raccontare la sua storia, la sua odissea e anche i problemi in cui è incappato nel prenotare una visita al Cup del S. Carlo di Potenza. Ma partiamo dal maggio del 2019.

“Un anno e 8 mesi per una colonscopia” A metà maggio del 2019 Antonio avverte qualche problema. “Spesso – ci dice – devi solo sentire il tuo corpo” Capisce che non stava bene e tenta di prenotare una colonscopia tramite Cup all’ospedale di Potenza. “Quando ho visto che dovevo attendere un anno e otto mesi ho capito che in quel lasso di tempo sarei potuto tranquillamente morire”. Così Antonio fa una visita privata, sempre in Basilicata. Da un “luminare”. Ma il medico che l’ha visitato e che gli ha diagnosticato un tumore al colon “aveva dimenticato di rilasciarmi il dischetto – racconta – Così, mentre mi trovavo al Crob di Rionero, davanti al medico che attendeva per l’eventuale ricovero e operazione, a quel punto non mi sono più fidato. Senza dischetto che ne sapevo che si trattasse proprio di me? Anche il dottore pareva perplesso per la strana dimenticanza da parte del medico che mi aveva fatto l’esame”.

Il calvario romano Antonio su due piedi decide di lasciar perdere la Basilicata e di andare al Gemelli di Roma. “In soli 3 giorni mi hanno visitato e il 7 giugno 2019 mi avevano già operato”. Il giorno 12 esce dall’ospedale ma deve andare a controllo, così resta a Roma per non fare avanti e indietro dalla Basilicata. “Qualche giorno dopo – sospira – una brutta occlusione intestinale mi ha riportato in ospedale. E meno male che non ero già tornato a casa, senno’… “. Antonio torna al Gemelli e viene operato “in emergenza e a cielo aperto” per una strozzatura intestinale. Non lo nasconde: “Ci vogliono forza e fede in certi momenti”. Già, perché i patimenti e i tempi lunghi della sanità non erano ancora finiti per lui.

“Tumore alla prostata” Prima di firmare le dimissioni, al Gemelli, gli dicono che quei valori del Psa non vanno bene, che avrebbe dovuto controllarli, con calma. Antonio ritorna al Cup a Potenza, ma questa volta non ha tempo. Capisce che non c’è aria. “Ho fatto una visita privata a Bari e poi una risonanza magnetica a San Giovanni Rotondo”. A gennaio del 2020 scopre di avere un tumore, questa volta maligno, alla prostata. “Lì per la seconda volta mi è crollato il mondo addosso – confessa – oltre al discorso fisico, gli aspetti mentali, la paura, l’angoscia della fine! Meno male che vicino ho la fede ma soprattutto quella santa donna che è mia moglie”.

Febbraio 2021 intervento Ci mette un po’ a farsi coraggio. E’ un intervento delicato, quello che coinvolge la prostata. “Un dottore di San Giovanni Rotondo mi ha fatto capire che dovevo farlo per forza, o lei o me. Non c’era troppo da scegliere”. Antonio torna sotto i ferri, proprio nell’ospedale di Padre Pio. L’intervento va bene. Non ci sono complicanze. Ci sono solo gli esami di routine. Ogni 6 mesi al colon, ogni 3 alla prostata. Ma nella sua vita ritorna, ciclico, un incubo: è la prenotazione al Cup. L’utima, qualche settimana fa. Ancora tempi biblici di attesa. Una barzelletta sempre più triste.

Antonio Ciancio
La prenotazione al San Carlo di Potenza

“Un anno e 8 giorni per un esame in Urologia” Lo scorso 12 gennaio Antonio torna al Cup del San Carlo. Deve prenotare una visita in Urologia. “Devo farla per forza – sottolinea – e vista la mia storia clinica mi sarei aspettato che i tempi questa volta fossero stati più celeri”. E invece niente. “Unica nota positiva, la ragazza allo sportello è stata umana. Mi ha trattato come una persona oltre che come un paziente”. Ma i tempi della visita restano biblici. “19 gennaio 2024”, recita la prenotazione. Un anno e 8 giorni di attesa. Antonio è precipitato in uno sconforto e in una desolazione che pensava essersi lasciate alle spalle. “Ma è mai possibile che se non ricorri alla visita privata puoi anche morire in questa regione?”. E ancora: “Se non hai i soldi per le visite private o per emigrare in altri ospedali, hai una spada di Damocle sulla testa. Davanti alla disperazione qualcuno potrebbe anche compiere gesti inconsulti”.

“Bisogna ribellarsi alle corsie preferenziali. Ne va della nostra vita” C’è un ultimo aspetto che il signor Antonio Ciancio vuole affrontare. “Lo sappiamo tutti – afferma – in questa regione c’è un 10% della popolazione che alle visite in ospedale ‘passa avanti’, basta un bigliettino lasciato anche dall’ultimo medico che opera nella struttura”. Per gli altri, invece, è tutto un soffrire e un peregrinare. E poi va giù duro anche sull’atteggiamento di molti suoi corregionali “Dobbiamo smetterla di subire in silenzio le angherie. Sulla sanità, poi, sono ancora più pericolose, ne va della nostra vita. Nessuno può permettersi di giocare con la vita dei pazienti solo per un cognome che portano o non portano”. E conclude: “Lo dico a tutti i lucani: metteteci la faccia e ribellatevi. La salute è cosa seria. Non si può attendere anni per una diagnosi. Spesso è una questione di vita o di morte”. Lunga vita ad Antonio. E un sentito in bocca la lupo da tutti noi!

Antonio Ciancio
Antonio Ciancio