“Ho il cancro, ma non sono spenta”

La testimonianza di una paziente oncologica in day ospital all'Ospedale di Potenza

Premessa necessaria: la protagonista, “suo malgrado”, di questa testimonianza, avrebbe  fatto volentieri a meno di esporsi perchè ha il cancro. E l’ultima cosa che vorrebbe è impietosire ed essere riconosciuta per la sua malattia. Ma quel che è accaduto ieri pomeriggio all’ospedale San Carlo di Potenza lei vuole raccontarlo con la speranza di contribuire ad aprire quanto meno una riflessione sulle criticità nel percorso di cure a cui si sottopongono i pazienti oncologici.

“Io – dice – non riesco a ingoiare le cose che non vanno. Ieri la mia infusione di chemioterapia è saltata perché si è fatto tardi e il laboratorio che la prepara alle 17 chiude.

Carmelisa è una paziente oncologica dal 2019 quando è stata operata per un cancro. In quel momento “l’odissea è appena iniziata”.”Poi però sono emigrata all’Istituto Europeo Oncologico (IEO) di Milano -racconta-dove seguo le terapie del dottor Colleoni”. Nel 2021 la recidiva con metastasi al fegato.

La donna, 56 anni, dopo un’iniziale difficoltà a farsi applicare le terapie dello IEO all’ospedale San Carlo di Potenza, ha trovato disponibilità negli oncologi e in tutto il personale del reparto ed  è qui che fa le infusioni. “Farle a Milano sarebbe stato impossibile, avrebbe significato trasferirsi lì ed io voglio continuare, nel miglior modo possibile, a fare la mia vita qui dove vivo”.

Ieri pomeriggio dopo circa tre ore di attesa, lei e un’altra paziente, Giulia, sono state rimandate a casa per poi ritornare stamattina. Qualcuno penserà: nulla di grave. E invece non è così.

“Il percorso a cui ci sottoponiamo per fare l’infusione di chemio -spiega- prevede delle analisi per verificare lo stato dei valori. Passa del tempo, dunque. Ieri il medicinale c’era ma poiché ha tardato ad arrivare nel laboratorio dove avrebbero dovuto prepararlo le due pazienti non hanno potuto fare la seduta. Il laboratorio infatti chiude alle 17 e a quanto pare sono molto fiscali. “Forse l’orario di chiusura è da rivedere”-suggerisce Carmelisa –  perché il day hospital dove siamo in cura rimane aperto anche oltre l’orario di chiusura che è alle 19:30 grazie alla disponibilità di oncologi e infermieri.

“Sono ammalata, ma non sono spenta. Devo vivere poco? Voglio farlo nel miglior modo possibile e -spiega la donna- trascorrere tutte quelle ora in ospedale per poi essere rimandata a casa senza fare la terapia non aiuta. Così come non aiuta dover attendere più del dovuto perchè le poltrone per la chemioterapia non basano per tutti. Non tocca a me risolvere questi problemi, ma è mio diritto segnalarli affinché si faccia qualcosa per rendere meno faticoso per tutti noi pazienti affrontare il percorso di cure. E io, da paziente, non posso stare zitta. Ore d’attesa con gli aghi pronti in vena e, dopo le sofferenze che comportano, succede che te li tolgono perché l’infusione non si fa. Ma noi siamo oggetti o persone che hanno diritto a curarsi?”

Ed è a questo punto che Carmelisa si apre un po’ di più e sottolinea che lei non vuole essere la sua malattia. E per far questo sta mettendo in campo tutte le sue forze. Per  incoraggiarsi e incoraggiare chi come lei sta affrontando il cancro ha scritto un libro il cui ricavato è stato donato alle associazioni  Vivere donna e Incontra donna. “L’editore -precisa-aveva previsto la ristampa del libro e aveva programmato presentazioni…ma io mi sono rifiutata, non voglio essere la paladina del cancro e non voglio essere riconosciuta per la mia malattia, ma eccomi di nuovo allo scoperto e non per mia volontà”.