Elezioni ragionali. “Ribadisco, io non voto”

La replica di Dino De Angelis all'intervento di Roberto Cammarota: "Pretendere rispetto dalla politica è esercizio di mero buon senso"

Sulla base di contro argomentazioni che legittimamente inneggiano al voto, provo a spiegare meglio il concetto ieri uscito dalle pagine di questo giornale. Che già lo “spiegare meglio” determina una condizione spiacevole: ammette cioè che non si è compreso qualcosa (dall’una o dall’altra parte, è secondario). E allora cerchiamo di farlo comprendere.

Punto primo: non è stato fatto nessun invito a non votare. Si è al contrario cercato di analizzare cosa si annida dietro a quella massa volutamente indistinta di “non votanti”, accomunandoli tutti in un’unica erba. E come da proverbi antichi, sappiamo che accomunare tutta l’erba in un fascio è un errore.

Punto secondo: dentro l’analisi del “non voto” intravedo la necessità di comprenderne un po’ meglio le ragioni. Giacché non credo siano tutti etichettabili come menefreghisti o attentatori del sistema. In fondo, rifiutare il voto è un po’ come scegliere l’ateismo: ci dicono che esiste un Dio, ma qualcuno ha dei sospetti e, dopo un lungo travaglio interiore, decide di tenersi distante da quel percorso di fede. Ma non si tratta di un percorso di rigetto, è al contrario, un cammino fatto di parecchie riflessioni. Per molti che si astengono dall’esercizio del voto è la stessa cosa. Magari molti di essi sono stati in passato elettori entusiasti, si sono affidati, anno dopo anno, a questo o a quel partito a cui hanno attribuito tutta la loro fiducia e speranza: parole che in politica appaiono prive di senso. Perché chi è stato credente di quelle parole – e del voto che ne conseguiva – è troppo spesso rimasto con un pugno di mosche in mano.

Il “non voto” non porta da nessuna parte? Probabilmente. Intanto però si cerca di individuare un sistema diverso, meno individuale e più consapevole, per mandare un messaggio chiaro ai decisori del futuro, i quali continuano ad operare scelte assolutamente distanti dal buon senso. In fondo non si chiede molto: si chiede che, come in qualunque famiglia o azienda, le cose si facciano seriamente, perché in ballo ci sono i destini di una comunità, non esattamente la gara alla poltrona, che alla maggior parte dei cittadini non interessa un tubo.

Orbene, si potrà anche recarsi a votare “tappandosi il naso” (il che porta a pensare di doversi recare in ambienti maleodoranti, che racconta un po’ tutto l’entusiasmo di chi esercita il diritto), ma si rischia che questa scelta venga scambiata come avallo a poter continuare su questa strada, francamente divenuta ai più intollerabile. La narrazione corrente assimila il cittadino non votante a vero e proprio nemico dei partiti. Dalle scelte messe in campo, sembrerebbe invece che siano i partiti i nemici del cittadino. E pretendere rispetto è esercizio di mero buon senso. Dino De Angelis- Narrautore