Materiale radioattivo nei cantieri Total foto

Più informazioni su

    La foto risale al febbraio 2014 è stata scattata nell’area cantiere del pozzo Total –Tempa Rossa 2. Incrociando i dati racchiusi nell’immagine che pubblichiamo con quelli ufficiali in possesso di enti pubblici nazionali o esteri

     nonché aziende private, il quadro è a dir poco allarmante. 

    Massima classe di radioattività. Innanzitutto la qualità della foto, buona ma non altissima, permette comunque di carpire due dati importanti: l’azienda produttrice del materiale radioattivo è la Baker Hughes ed il bollino sottostante che certifica la radioattività emessa dal contenuto riporta la sigla “III” accompagnata dal numero 7 sottostante. Stando al portale dello U.S. Department of Health & Human Service il numero 7 sta ad indicare la radioattività emessa dal materiale custodito all’interno di un imballaggio, purtroppo è proprio il “III” il simbolo che segnala la massima classe di radioattività, compresa per questa categoria tra lo 0,1 ed i 2 mSievert/ora. La soglia di legge in Italia per l’esposizione per la popolazione è 1mSievert/anno. Le autorità americane precisano inoltre che nella III categoria rientra anche il materiale fissile, ossia tutto ciò che può generare una reazione nucleare. Purtroppo ciò che non riusciamo a leggere dalle foto dobbiamo chiederlo pubblicamente a Total, in primis,  e poi alla Prefettura di Potenza: cosa era riportato sul bollino identificativo alla voce “contenuto ed attività”? Si perché la risoluzione delle foto non permette di leggere le scritte minori che collocate al centro del bollino radioattivo dovrebbero indicare la tipologia di sostanza contenuta e la sua radioattività. Tuttavia gli esempi disponibili sul sito dello US Department of Health & Human Service riportano sostanze con emissioni anche nell’ordine di 360 GigaBecquerel (GBq) rientranti in questa categoria, la III, ossia con valori paragonabili ad una fall-out nucleare.

    La denuncia pubblica di Maurizio Bolognetti. Questo genere di sostanze non solo è sottoposto a particolari norme di trasporto e sicurezza, come ha recentemente ricordato il segretario dei Radicali lucani Maurizio Bolognetti in un suo recente articolo sull’utilizzo di sostanze radioattive in Basilicata per le attività petrolifere, in aggiunta al fatto di essere contrassegnate da un codice a quattro cifre che ne traccia il percorso di trasporto unitamente ad un T.I., ossia di un Transport Index (indice di trasporto) che dichiara la quantità massima di radiazioni potenzialmente emesse dal contenuto al fine di designare il mezzo di trasporto idoneo. L’autorità americana evidenzia altresì che vista la natura pericolosa di tali sostanze, eventuali problemi di schermatura del contenuto o difetti nell’imballaggio potrebbero aumentare la radioattività effettivamente emessa a dispetto di quella dichiarata sull’etichetta ed in questo caso “occorre avvisare le autorità competenti”.

    La Prefettura sapeva? Stando ai verbali citati da Bolognetti alcune informazioni in essi inclusi, se raffrontate a queste foto, non combaciano alla perfezione. La Prefettura di Potenza l’11 febbraio 2014, dopo aver tirato le orecchie alla Total per i brevi preavvisi con cui ha segnalato alle autorità l’utilizzo di sostanze radioattive, fa cenno per quanto concerne il pozzo Tempa Rossa 2 a materiali radioattivi della Weatherford Mediterranea Spa ma non fa cenno alcuno per il medesimo pozzo alla Baker Hughes qui invece ripresa. La Prefettura sempre nel verbale parla di “sostanze radioattive” genericamente definite, ma forse non sa o qualcuno non ha dichiarato, che queste sono sostanze di terza categoria e non rifiuti ospedalieri (anch’essi radioattivi ma con classi minori di identificazione): un dettaglio non di forma ma di sostanza, anzi di tempo, perché la radioattività di un rifiuto sanitario può decadere in una settimana quella di una sostanza di terza categoria può decadere in migliaia di anni. L’Arpab, sempre secondo quanto riportato da Maurizio Bolognetti, parla della perdita di una sonda radioattiva della Baker Hughes relativamente al pozzo Gorgoglione 2 mentre nella foto l’area ripresa è quella del pozzo Tempa Rossa 2.

    Ora le autorità rispondano chiaramente, ognuno per le proprie competenze, a numerose e gravose domande. Come è arrivato questo materiale in Basilicata? Era possibile custodirlo all’aria aperta e a ridosso della vegetazione spontanea come fotografato? Cosa è stato trasportato e con quale potenziale radioattivo? Hanno usato sonde di diverse aziende negli stessi pozzi? Premesso che l’utilizzo di queste sostanze non è vietato per legge, tuttavia il sottosuolo lucano pare essere ormai terra di nessuno nonostante esistano leggi finalizzate alla sua tutela. Appare doveroso chiedere quanti di questi macchinari sono stati utilizzati e quanti sono andati eventualmente persi e perché fino ad oggi questo aspetto della ricerca petrolifera è stato istituzionalmente taciuto. Vi sono norme nazionali ed europee varate affinché queste situazioni non diventassero né materia di scoop giornalistici né carburante per fantomatici effetti Nimby ma rientrassero nella doverosa comunicazione del rischio. La Baker Hughes come la Weatherford sono note nel settore della tecnologia mineraria per questo genere di attrezzatura, ossia i generatori di neutroni capaci di emettere nuvole di neutroni per milioni di elettronvolt, al fine di radiografare (logging in gergo) il sottosuolo prima o anche dopo eventuali “fratturazioni”. Sul sito internet le suddette aziende stanno ben attente a non sponsorizzare queste tecnologie/prassi né con foto né con dati precisi: perché? Quali sono le ripercussioni ambientali di queste tecnologie? Se il sottosuolo è proprietà dello Stato allora quest’ultimo cosa aspetta a controllare e a pubblicare i risultati dei controlli?

    Più informazioni su