Potenza. Il letargo delle coscienze nella terra dei mediani

Episodi di violenza, di vandalismo, crescita del consumo di droga e alcol. La solitudine dei ragazzi nella stagione dell’odio e del consumismo

C’è sempre qualcuno con cui prendersela. Ragazzi ubriachi nei vicoli dei centri storici, nei vialoni bui delle periferie. Ragazzine pronte a vendersi per una ricarica telefonica. Vandali di giorno e di notte che si sfogano contro i cassonetti dei rifiuti. Giovani imbottiti di alcol e spremuti dalla droga. Scuola impotente e famiglie disperate. Genitori che cascano dal pero e politici indifferenti.

Con chi ce la prendiamo? Facile, con loro. “Con i giovani violenti, vuoti di idee e di principi, privi di riferimento, senza motivazioni e senza morale. Con i giovani ubriachi, bulli, vandali e drogati. Fannulloni che pretendono tutto e subito, egoisti, che rifiutano il sacrificio, l’impegno, lo studio.”

Bravi. Ma voi che siete una buona famiglia, che avete frequentato scuole per bene, che – grazie a Dio – avete figli educati e volenterosi, voi che dal pulpito della chiesa vi indignate e predicate persecuzioni e rieducazioni, voi che dai banchi del palazzo esprimete disappunto, solidarietà, comprensione, voi avete fallito. Tutti abbiamo fallito.

Voi che avete ogni volta la soluzione per tutto, mentre continuate a masticare il futuro degli altri, voi che avete la coscienza in letargo fino a quando qualcosa non mette in pericolo la vostra vita mediana, banale, scontata, normale, voi che chiudete la finestra quando l’aria vi fa tremare, voi che disprezzate il coraggio e amate la finzione, voi che “è meglio non impicciarsi”, voi “che la politica che può fare?”, siete responsabili.

Siamo figli del consumismo, figli di quella tragica stagione permanente che ha distrutto l’etica del lavoro in cambio dell’estetica del consumo. Non siamo più padri o madri, lavoratori, artigiani, educatori, siamo Consumatori. È nelle sabbie mobili del consumo che cerchiamo e troviamo un’identità, uno scopo, perseguendo l’insaziabile pulsione all’appagamento. “Per il sistema consumistico – dice Bauman – un consumatore felice di spendere è una necessità, per il consumatore come individuo spendere è un dovere, forse il più importante.”

Dove è finito il conflitto per l’autodeterminazione, per le libertà individuali, per affermare la propria identità nella società? Dov’è finito il conflitto educativo? Nell’arena del consumo. Chi consuma di più è migliore di chi consuma di meno. Il piacere di un oggetto all’ultima moda, di un profumo costoso, di gioielli e vestiti firmati, di vacanze da urlo, è un dovere. Un dovere che richiede denaro, non lavoro, impegno, sacrifici, ma denaro. Il piacere del consumo è garanzia di distinzione, di identità desiderabile, di apparenza necessaria. Per dirla ancora con Bauman: se questi sono i doveri, chi ha bisogno dei diritti?

E siamo figli di una stagione di odio che risolve ogni problema col disprezzo e con lo stigma. È sufficiente “sputare” veleno e vomitare fango sull’altro, per superare qualunque situazione di imbarazzo, di pericolo, di disagio sociale. È sufficiente puntare il dito contro il nero o il drogato o il gay, come se quel dito fosse una bacchetta magica.

Ecco, per favore, quando vi avventurate nell’indignazione e nella ricerca di soluzioni a “questo dilagare di giovani smarriti”, sappiate che la realtà è un po’ diversa dalla vostra vita banale, mediana, scontata, normale, piena di ipocrisie, di disprezzo, di odio e di paure. Il letargo delle coscienze avviene nelle tane del consumismo e nelle comodità dell’odio. Se volete vivere “liberi” nel carcere della società di mercato dovete odiare e consumare. In queste condizioni, pretendere che i ragazzi siano educati all’amore e alla frugalità, è la più colpevole delle ipocrisie.