Covid-19, a Napoli la protesta guidata da neo fascisti e camorristi

Se si lascia che estremisti di destra e mafiosi assumano la guida di proteste artefatte con il rischio di diffonderle come un’epidemia in tutto il Paese, sarà una caporetto per la democrazia. La rivoluzione è un'altra cosa

“A Napoli la rabbia dei cittadini si è trasformata in risentimento contro le istituzioni colpevoli di assumere controverse decisioni per contrastare la diffusione dei contagi.” La vulgata la racconta così la faccenda.

Non bisogna fare l’errore, questa volta, di attribuire alla volontà popolare gli atti vandalici e violenti consumati l’altra notte nella città partenopea. È evidente che si è trattato del primo palese tentativo di strumentalizzazione del disagio da parte di camorristi e neofascisti. Basta osservare con attenzione le immagini degli scontri, l’atteggiamento, ricorrente in altre circostanze, di alcuni di loro, di quelli con il volto coperto e di quelli sugli scooter. Forza Nuova è già scesa in campo ufficialmente a sostegno dei manifestanti e i vari gruppetti più o meno clandestini di separatisti, di nostalgici di un passato improponibile, si ficcano nel piatto.

Le persone che avrebbero tutto il diritto di protestare non comprano fumogeni e bombe carta, non picchiano i poliziotti, non incendiano cassonetti, non hanno gli scooter. La verità è che molti cittadini – non solo a Napoli, dappertutto – quelli meno garantiti, sono preoccupati per la diffusione del virus e confusi nella stretta dicotomia “salute o soldi”. Hanno paura che la situazione precipiti, temono di finire nella morsa di una sopravvivenza peggiore di quella a cui sono già abituati.  Sono i silenziosi, i più poveri, quelli che non hanno una partita iva da sventolare sotto i palazzi delle istituzioni, quelli che non hanno un negozio, né un bancone ambulante. Sono quelli che non hanno un’azienda, una professione. Quelli che non hanno un impiego pubblico e non sanno nemmeno che cosa sia il lavoro a distanza. Loro erano poveri prima della pandemia e lo sono ancor di più oggi, o forse di meno, grazie a qualche forma di aiuto pubblico o privato. E non erano loro ieri in quelle strade a urlare a picchiare a incendiare, erano altri. C’erano anche quelli che non possono pagare l’affitto e le bollette – legittimamente -, osservati speciali dalla camorra pronta a dargli una mano. Non voglio minimizzare l’episodio di ieri a Napoli, anzi voglio esagerarlo.

Perciò dico che bisogna stare attenti a narrare vicende, come quella di ieri, con superficialità e sociologismi da baraccone. Giustificarle, spiegare che la gente è esasperata, generalizzare un disagio che pure esiste, ma in forme diverse, è utile a chi vuole approfittare del disordine per ricavarne vantaggi illegittimi, e aggiunge benzina sul fuoco delle emergenti spaccature nella società civile. Le rivolte violente hanno sempre dato ragione ai poteri in chiaro e a quelli oscuri. La rivoluzione è un’altra cosa.

Certo, il vero nodo in questi casi è l’emersione del fuoco che cova sotto la cenere. La pandemia può soltanto rendere più evidenti e chiari fenomeni che in questo Paese si espandono sempre più velocemente: disuguaglianze, ingiustizia sociale, povertà, eccessivo accumulo di ricchezza nelle mani di pochi, esagerate garanzie e tutele per alcuni e nessuna protezione per altri. Su questi fenomeni sono la politica e le istituzioni a dover dare risposte. Se si lascia che neofascisti e mafiosi assumano la guida di proteste con il rischio di diffonderle come un’epidemia in tutto il Paese, sarà una caporetto per la democrazia. Qualcuno si metta la mano sulla coscienza e la usi la coscienza, soprattutto chi è sempre pronto allo scontro anziché al confronto.