Potenza, una città dal futuro incerto

Nel capoluogo di regione scarseggiano le energie vitali necessarie per affrontare le sfide di oggi e di domani

Bisogna correre ai ripari in qualche modo. Gli amministratori della città in primo luogo dovrebbero riflettere su alcuni dati socio-demografici e farsi qualche domanda. Quali dati? Quelli più recenti, sul grado di istruzione della popolazione, sull’indice di vecchiaia (217), sull’indice di struttura della popolazione attiva (220). E lasciamo da parte gli altri aspetti. Basta incrociare questi dati per capire che la le condizioni delle energie vitali della città (istruzione e giovani) sono critiche.

Il 40% della popolazione (25mila circa) ha una scarsa scolarizzazione: oltre 2mila abitanti sono alfabeti senza titolo di studio, (circa 500 gli analfabeti), oltre 8mila hanno la licenza elementare e oltre 13mila hanno la licenza media inferiore. In questo quadro si inserisce l’altro dato: 217 anziani ogni 100 giovanissimi.

Se non si inverte la tendenza sia nell’invecchiamento della popolazione sia nel campo della scolarizzazione, i prossimi anni saranno molto difficili per la città. Solo per completare il quadro, la fascia dei diplomati conta oltre 23mila persone, ma ormai il diploma non è più garanzia di cultura e di media istruzione. Il resto ha un’istruzione terziaria di primo grado (circa 3mila) e una terziaria di secondo grado (quasi 10mila). Le persone con dottorato di ricerca o alta formazione sono in tutto circa 450, ma una parte di queste è emigrata.

Non ci attardiamo in analisi più approfondite che spettano ad altri: l’età di quel 40% scarsamente scolarizzato, o dei diplomati o dei laureati, quanti emigrano e quanti restano, il rapporto con la media nazionale, regionale o di altre città, eccetera. Magari qualcuno farebbe bene a studiare con dovizia scientifica questi dettagli. Lentamente, ma con costanza, la città perde residenti, si è tornati ai livelli del 1981 (65mila abitanti) e il saldo naturale (la differenza tra nascite e decessi) è nettamente negativo dal 2010 in poi. L’indice di vecchiaia è passato da 110 (2002) a 217 (2021). L’indice di ricambio della popolazione attiva (160) significa che la popolazione attiva è molto anziana. E mentre l’indice di natalità si è ridotto di due punti, quello di mortalità è cresciuto di tre punti. Nel frattempo l’età media dei residenti è passata da 40 anni a 47 anni. Le previsioni statistiche al 2028 segnalano un ulteriore calo della popolazione di circa l’1,5% (ottimismo) e una rapida crescita dell’indice di vecchiaia.

La lettura di questi dati, soprattutto il livello di scolarizzazione e l’invecchiamento della popolazione, dovrebbe preoccupare chiunque abbia a cuore il destino del Capoluogo.  Indicatori che, analizzati in tendenza, e intrecciati con altre variabili, ci segnalano una crescente scarsità delle energie vitali. A nulla vale dire che i dati sono peggiori o migliori di quella o quell’altra città, che magari sono nella media nazionale o sotto la media regionale. Questi ragionamenti sono alibi rischiosi. Si guardi a Potenza e al suo quadro socio-demografico e socio-economico e si adottino le opportune politiche capaci di invertire la tendenza del “destino”.

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