Sono malata di tumore ed ho un lavoro precario senza diritti

"Il mio lavoro non è riconosciuto in questo Paese, in questa Regione e neanche da questa giunta, per questo motivo non ho diritto alla malattia"

Riceviamo e pubblichiamo, integralmente, la lettera di Francesca

“Mi chiamo Francesca (nome di fantasia), malata oncologica da alcuni anni, sono lucana e abito in Basilicata. Da molto tempo sono una lavoratrice Tis. I Tis (Tirocini di Inclusione Sociale) sarebbero uno strumento per agevolare l’inclusione sociale, l’autonomia e la riabilitazione delle persone prese in carico dai servizi sociali e/o dai servizi sanitari competenti. Il mio lavoro non è riconosciuto in questo Paese, in questa Regione e neanche da questa giunta, per questo motivo non ho diritto alla malattia. Non ho diritto a curarmi come dovrei. Non posso permettermi di assentarmi dal lavoro perché il sussidio di 580 euro mensili riconosciuto ai lavoratori Tis mi serve per vivere, anzi sopravvivere.

L’unica cosa che posso fare è andare avanti e lottare, con orgoglio e dignità. Siccome i guai non vengono mai soli, in base ai requisiti richiesti dall’ARLAB, per continuare a restare nel progetto non devo percepire l’assegno di invalidità che mi è stato riconosciuto da poco e che comunque mi possono togliere. Questo perché, in questa catena senza fine, ad ogni proroga bisogna dimostrare di avere gli stessi requisiti di quando abbiamo cominciato.

Non importa che siano passati 18 ,10 o 5 anni, noi e le nostre famiglie dobbiamo restare irrigidite al nostro reddito iniziale e anche al nostro stato di salute.

Ero una persona sana che ha lavorato e lavora con orgoglio, che ci tiene al suo lavoro, che vuole che sia considerato un vero lavoro, con i diritti, i contributi, la giusta retribuzione di un lavoro giusto.   Questo è il mio lavoro, lo svolgo da tanti anni e con la massima professionalità e non ho intenzione di perderlo soltanto perché mi sono ammalata.

Lotterò per tenermelo stretto, perché venga regolarizzato come qualsiasi altro contratto di lavoro, perché abbia finalmente il diritto a curarmi e ad usufruire dei giorni di malattia riconosciuti a tutti i lavoratori. Non sono l’unica in questa condizione di salute, altri colleghi e altre colleghe devono scegliere se curarsi e perdere il lavoro oppure rinunciare a curarsi e lavorare, ci sono ragazze che devono scegliere se diventare madri o rimanere lavoratrici. È arrivato il momento di dire basta! Venerdì sarò in piazza insieme ai miei colleghi per lottare contro queste ingiustizie umane, lavorative e sociali.