Basilicata. Ma i braccianti extracomunitari a chi servono?

Siamo noi il quarto mondo della civiltà, non i paesi dai quali emigrano i nuovi schiavi

Quando mio padre emigrò in Germania, insieme con mio zio e con altri suoi coetanei, siamo nel 1967 circa, avevo 6 anni. La ditta tedesca si occupava, se non ricordo male, di manutenzioni e costruzioni stradali. Tutti i lavoratori, di qualunque nazionalità, all’arrivo trovavano alloggi decenti messi a disposizione dall’azienda. Lo so perché ho visto le foto dell’epoca, ma anche perché mio padre ne parlava bene quando lui rientrava per qualche settimana.

Ora mi chiedo, e domando scusa per l’ingenuità o magari per la mia ignoranza: i braccianti immigrati, di cui pare si abbia tanto bisogno per garantire la raccolta della frutta e degli ortaggi, perché qui e anche altrove devono vagare tra i campi e tra i rifugi di fortuna? Perché devono sopportare il freddo, il buio, la sporcizia in baracche e case diroccate senza bagno e senza dignità?

Leggo dalla stampa: “Accoglienza braccianti, l’ex tabacchificio di Palazzo S. Gervasio è l’unica soluzione. A breve la Regione avvierà il bando di gara per trovare un gestore, a prescindere dall’approvazione del bilancio dell’Ente. Ancora al palo le due strutture di accoglienza di Boreano e Lavello.”

Una storia infinita, vergognosa che dura da anni. Tutti incapaci di trovare una soluzione che, sempre per causa della mia ingenuità e ignoranza, ritengo assolutamente semplice. E che ci vuole! Ogni anno le associazioni protestano, la Regione promette, i Comuni dichiarano. E ogni anno centinaia di poveri cristi sono costretti a subire le umiliazioni e le “torture” dell’anno precedente. Sarebbe auspicabile una soluzione a titolarità pubblica. I Comuni potrebbero mettere a disposizione gli alloggi vuoti, organizzare un’accoglienza che guardi anche al contrasto dello spopolamento. Magari. Ma qui entrano in campo questioni ideologiche, culturali e anche politiche. Le risorse e le misure finanziabili ci sarebbero. Una soluzione che aiuterebbe molto gli agricoltori e anche le comunità locali.

Ma forse c’è un altro dato che interviene nella questione e che, mentre scrivo, abbassa il mio livello di ingenuità. Lo ha detto oggi il prefetto di Potenza. “Sconfortante, il dato comunicato dal direttore dell’Inps Basilicata, relativo all’adesione al ‘protocollo d’intesa per la prevenzione e il contrasto al caporalato in agricoltura’, sottoscritto ad ottobre 2021: “Soltanto 79 aziende agricole hanno aderito e in provincia di Potenza appena 15”. Forse c’è qualcuno a cui il caporalato serve quanto gli immigrati?

Tuttavia la domanda, suggeritami dall’esperienza di mio padre, è questa: ma gli agricoltori, le aziende agricole non dovrebbero essere loro ad organizzare l’accoglienza dei braccianti e fornirgli un alloggio adeguato? In fondo la frutta e gli ortaggi non sono di proprietà pubblica. E quei braccianti lavorano per loro non per la Regione né per i Comuni. Anche questa potrebbe essere una domanda ingenua e figlia della mia ignoranza, ma mai figlia della disumanità e del cinismo. Non si accettano risposte tipo “le aziende agricole sono in crisi, gli agricoltori non ce la fanno, la grande distribuzione ci sta soffocando, il mercato è drogato, il governo è sordo”. Perché in tal caso non c’è altro da fare che la rivoluzione: andate a Roma e fate casino. Voi potete, avete le vostre potenti organizzazioni le quali anziché fornire continuamente consenso ai politici in cambio di non so cosa, anziché gestire le associazioni come corporazioni d’affari, potrebbero semplicemente fare meglio il loro mestiere.  I braccianti vessati, sfruttati e umanamente umiliati, non possono. Non sanno che fare se non confidare in quel sentimento in via di smarrimento che si chiama umanità. Voi potete, la Regione può, i Comuni possono, lo Stato può, ma nessuno fa.