Elezioni in Basilicata. Quanti anni ci mancano per interrompere la filiera dello spopolamento?

Il regolamento dei conti tra i vecchi cacicchi PD e tra la periferia e il centro, ha suscitato un disgusto diffuso, ma c’è qualcosa di più profondo che impedisce ai lucani di avere una politica adeguata alle sfide

Ho appena finito di leggere l’ultimo libro del giornalista Marco Esposito, già autore di ‘Zero al Sud’ e di ‘Fake Sud’, dal titolo ‘Vuoto a perdere’. Conosco il rigore e la serietà di Marco e sono onorato che abbia accettato di scrivere la prefazione del mio ultimo saggio  e quindi, pur correndo il rischio di apparire di parte, devo dire che l’approccio sistemico e multi disciplinare nell’analisi dello spopolamento italiano e del rapporto tra la mancata assunzione di responsabilità del ceto politico nazionale e la questione meridionale è avvolgente e per certi versi illuminante.

Ma non è per recensire il libro che parlo di ‘Vuoto a perdere’ ma per la sua contemporanea lettura con lo svolgimento delle elezioni regionali e perché, come con uno schiaffo violento e improvviso, mi è apparsa in tutta evidenza la complessità dei problemi e della loro interrelazione contrapposta alla inadeguatezza della classe dirigente politica nazionale e locale.

Ma se la classe dirigente inadeguata fosse a Stellantis sarebbe una perdita di valore complessivo per i suoi azionisti e poi anche per l’Italia e l’Europa ma compensabile con una attenta azione politica. Anche per questo, una inadeguatezza nella politica è drammatica per tutti.

Che siamo sull’orlo di un baratro, soprattutto al Sud, molti lo intuiscono, che siamo vicini al punto del non ritorno sono pochi a saperlo e quasi nessuno a denunciarlo con cognizione di causa. Quanti anni ci mancano per interrompere la filiera dello spopolamento al Sud? Quanti per chiudere definitivamente i nostri paesi di montagna? È un destino ineluttabile o ci sono delle soluzioni?

Cosa è successo nel corso della preparazione delle elezioni regionali lo spiega bene Michele Finizio in un suo editoriale  e spiega altrettanto bene, anche se in modo più benevolo, l’inadeguatezza dei cosiddetti civici.

Ma l’inadeguatezza dei candidati e della politica lucana lo spiega soprattutto la difficoltà, tra tanti elenchi di candidati e di liste, di trovare programmi, idee, piani concreti e operativi che occorrerebbe attivare immediatamente almeno su quelli che in letteratura si chiamano ‘fattori abilitanti dello sviluppo ’. Anche qui i più meritori al massimo fanno un elenco di problemi ma senza un quadro complessivo delle interrelazioni e delle azioni per risolverle. Ma fare l’elenco dei problemi non basta.

Per alcuni il regolamento di conti che si è consumato, in specie  tra i vecchi cacicchi PD e tra la periferia e il centro, fa parte, addirittura, del ‘primato della politica’ ma io credo che, oltre al disgusto diffuso per quanto si è visto sino ad ora, c’è qualcosa di profondo che impedisce di avere una politica adeguata.

Se, io per primo, mi sono illuso che la spinta innovativa del M5S potesse aprire la strada a una riforma della politica e del modo di farla, in questa tornata elettorale devo dire che il comportamento mi è parso indifferenziato rispetto a quello degli altri partiti. Se in questo movimento avevo visto una possibilità di riorganizzare proprio il mondo del civismo, storicamente frammentato e autoreferenziale, devo ricredermi. Devo ammetterlo, forse ci avevo visto una facile scorciatoia.

Che i problemi siano complessi ed enormi lo scrivo dal 2009 quando fondai l’associazione dei Pinguini Lucani, e anche di recente.  Che ci siano delle soluzioni praticabili anche: vox clamantis in deserto. Ma ora ci siamo.

Sembra una azione congiunta, invece leggo l’editoriale di ieri di Michele Finizio  con cui concordo quasi su tutto però penso che invece, dopo tanti anni, ci siano e vedo dei possibili compagni di strada e una consapevolezza più diffusa. Volt, per esempio e altri che non si sono ancora esposti pubblicamente.

Concordo sul fatto che occorre che chi ha contenuti, proposte, idee non si rassegni ma è perfettamente inutile sperare che i partiti e i movimenti se ne facciano carico, come ci dimostrano queste elezioni regionali. Occorre prendere atto che le proposte e le istanze dei cosiddetti ‘civici’ sono buone solo a fare da foglia di fico e se i civici sono inconsistenti meglio.

Quindi bisogna avere la consapevolezza che si deve saltare la intermediazione politica dei partiti e movimenti e occorre organizzarsi per la prossima tornata elettorale già dal risultato di aprile spiegando e condividendo con tutti gli strati della società lucana quello che è possibile fare per cambiare prospettiva a un futuro già abbondantemente compromesso.

Che queste elezioni passino in fretta, tanto sono inutili per qualsiasi speranza. L’astensionismo generativo è di sicuro una buona opzione, a cui però bisogna dare una prospettiva politica e un’organizzazione.

Giusto l’appello “agli intellettuali liberi, le minoranze divergenti, i gruppi culturali eretici, le frange politiche e sindacali alternative all’immobilismo, le energie giovanili e i talenti ancora resistenti”. E se guardo me stesso la voglia di gettare la spugna è tanta! Ma se questo appello non si traduce in una proposta organizzata anche elettoralmente sarà tutto inutile.

Non abbiamo molto tempo. Cinque anni possono sembrare molti ma per la sfida che abbiamo sono anche pochi. Poi c’è l’incognita Pittella. Se, come lo scorpione della favola, non perderà la sua natura tra due anni si rivota.

contatti@pietrodesarlo.it