2 giugno 1946: quando in Basilicata si affermò la Monarchia foto

La maggioranza degli elettori, 158.345, il 59,39%, al referendum scelse il re

Il 2 giugno del 1946 si votò per il referendum Repubblica o Monarchia. In Basilicata la maggioranza degli elettori, 158.345, il 59,39%, scelse la monarchia contro 108.289, il 40,61%, che votarono Repubblica. La geografia del voto indica che le aree del suffragio repubblicano sono allocate nel Vulture-Melfese, nel Marmo-Melandro, nel Metapontino. Lo scontro fu durissimo e gli esiti del referendum si possono riconoscere, per la parte repubblicana, nella dislocazione dei Nitti e del radicamento dei Comunisti, Socialisti e Cattolici democratici.

Sono trascorsi 75 anni da quel voto. Un tempo lungo che segnala le lotte per la terra e contro il latifondo, la trasformazione del paesaggio agricolo e l’irrigazione, l’allargamento della base produttiva e occupazionale. Esiti vittoriosi e sconfitte del fronte democratico progressista e del movimento sindacale. Il bilancio è chiaro: dal superamento della miseria acuta del dopoguerra alle trasformazioni degli ultimi cinquant’anni. Migliori condizioni di vita ma anche nuove forme di povertà ed esclusione.

Le lotte per la ricostruzione dopo il terremoto, l’istituzione della Università fortemente voluta e ottenuta dal movimento sindacale, la realizzazione di infrastrutture, l’uso delle risorse energetiche e territoriali non hanno segnato il blocco dello spopolamento. La struttura demografica è tonificata dalla immigrazione, 25 mila nuovi residenti, 45mila migranti impegnati ogni anno in agricoltura e nel lavoro di cura.

Una situazione complessa e difficile che richiederebbe uno sforno unitario delle istituzioni, parti sociali e politiche e delle comunità. L’epidemia ha aggravato le contraddizioni e incentivato le individuali e la la ricerca delle soluzioni particolari. Tempo fa si diceva: ne usciremo migliori. Al momento non si intravedono scatti unitari o programmi e gestioni delle risorse all’altezza della situazione. La cantilena del “cambio di passo” non incide.

Per il semplice fatto che si è fermi nella logica dello scontro, dell’industria della paura verso gli ultimi, gestire per gruppi e pezzi di lobby i residui delle risorse disponibili in vista del fondo Recovery in grande parte allocati in progetti nazionali rimasti nei cassetti dei Ministeri e della Aziende pubbliche o collegate. Mentre si allarga la presa della cultura della illegalità ed il controllo mafioso di territori e strutture.

Un altro 2 giugno per insistere sulla Carta Costituzionale per continuare a credere nella Repubblica e resistere.

Pietro Simonetti