Fiat Sata, la caduta di un sogno foto

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    Che ne sarà della fabbrica lucana del Lingotto, inaugurata nell’anno 1994? Alcune notizie bene non promettono. La produzione di auto nello stabilimento di Melfi, dove si produce la Punto, verrà sospesa per ulteriori giorni: dal 17 al 23 luglio 2012,dal 26 luglio al 3 agosto. Vi proniamo un estratto dell’inchiesta, a firma di Nino Sangerardi, pubblicata sul settimanale Basilicata24, in edicola dal 30 giugno al 6 luglio

     

    di Nino Sangerardi

    Estate di stop produttivo alla Fiat Sata di San Nicola di Melfi. Motivo? “Adeguare- scrivono i manager di Chrysler-Fiat- i flussi produttivi alla riduzione dei volumi, conseguente all’andamento del mercato”. Volendo tradurre: per il Gruppo Fiat butta male.

    Salvate il soldato Marchionne- Stando gli ultimi dati disponibili sulle vendite, fonte Motorizzazione Italia, Fiat ha registrato ad aprile scorso 28.215 immatricolazioni con una perdita del 12,5% rispetto al 2011. L’Acea, associazione costruttori automobili europei, dentro il referto di aprile scorso evidenzia che nei 27 Paesi europei sono state immatricolate 1.058.348 vetture rispetto a 1.132.172 del 2011. La quota di mercato della Fiat è passata da 7,5% di un anno fa a 7,1%. Nel frattempo si apprende che i compensi cash, anno 2011, per l’amministratore delegato Fiat Sergio Marchionne sono calati di quasi un milione di euro. Da 3,4 a 2,4 milioni. Gran parte del compenso del dirigente è pagato in azioni Fiat. Si chiamano stock grant e nei primi mesi del 2012 Marchionne ha ricevuto titoli per un valore di 50 milioni. Regali esclusi, in casa Fiat lo stipendio del numero uno è stato superato da un altro vip: il presidente Luca Cordero Di Montezemolo (Fiat-Ferrari) nel 2011 ha incassato 5,5 milioni. Per i dipendenti della Sata, in numero di 5280, è prevista la cassa integrazione. La busta paga, non è la prima volta nel corso del 2012, in persistente dimagrimento. L’altra notizia che disegna un quadro di vita non rassicurante si ricava dalle indiscrezioni sulla manovra imprenditoriale che Fiat sta elaborando. Più o meno è la seguente: in Europa si registra un eccesso di capacità produttiva, di conseguenza bisogna chiudere le fabbriche. Un rischio che è possibile evitare se l’Unione europea elargisce denaro. Comunque pur di non chiudere gli opifici italiani, compreso Melfi, Marchionne sarebbe disposto ad affittarne una parte ai Gruppi automobilistici concorrenti, in primis i tedeschi. Insomma, nuovi partner per salvare il 50% delle strutture industriali Fiat Group, ormai americanizzato. E’ quanto sottolineato, tre giorni fa, da Sergio Marchionne intervenuto ad Austin, in Texas:”Non si investirà un dollaro di troppo in business non remunerativi”. Il terzo dispaccio negativo per la Basilicata e dintorni d’Apulia arriva dal pianeta autotrasportatori. Umberto Fontanella, da otto anni trasporta materiale destinato alle fabbriche Fiat del centro sud italiano, si è visto togliere da Fiat il lavoro. Quindi la protesta. Con otto collaboratori ha tentato di bloccare i mezzi che passano da Tito e devono raggiungere San Nicola di Melfi. Dice Fontanella: “Piano piano mi hanno tolto il lavoro. Ho scritto anche alla Regione Basilicata e alla Prefettura per chiedere aiuto ma non ho avuto risposta. Le altre ditte non sono state scelte per motivi di economicità. Non mi hanno mai chiesto neanche un preventivo. Incredibile”!

     

    Quel giorno a Marentino – L’investimento previsto per creare, inizio anni novanta,  Fiat-Sata è stato quantificato in 4.671 miliardi di lire. Perché la multinazionale piemontese nel 1991 sceglie di aprire la fabbrica in Lucania?  A fine Anni Ottanta in un luogo chiamato Marentino, Piemonte, si svolge una riunione a cui partecipano Cesare Romiti, dirigenti Fiat e l’avvocato Giovanni Agnelli. Si ragiona in merito allo status quo del comparto automobilistico. Innanzi tutto: la difettosità di un modello prodotto dalla Fiat è di tre volte superiore a quello dei costruttori tedeschi e cinque volte superiore a quello dei giapponesi, si riscontra una media di 50 difetti per auto, di cui 5 gravi, un cliente su tre non ricompra i prodotti Fiat. “Siamo diventati un’azienda triste—dice Romiti—con troppi burocrati demotivati, con troppe routine e senza più spirito di competizione”. Spunta qui la strategia industriale  battezzata “qualità totale” che fa nascere la Sata di Melfi. Significa: azzeramento dei fornitori e loro stretta integrazione nella costruzione del prodotto; riduzione drastica sia della gerarchia interna e sia dei dipendenti non produttivi. Abbandono del modello Cassino, esagerato numero di robot, e valorizzazione della risorsa umana. Flessibilità a iosa, niente magazzino ma just in time forsennato. E soprattutto il luogo fisico e socio culturale che va sotto il nome di “prato verde”: la Lucania senza memoria  industriale e operaia, l’esistenza di troppi giovani affamati di lavoro. L’operazione Fiat-Sata è anche un’occasione di rilancio per il sindacato a cui il Gruppo torinese offre la possibilità di gestire 10 mila persone. Intesa che viene siglata con due parole: sperimentazione partecipativa. In concreto l’accordo azienda-sindacato risulta fortemente sbilanciato dalla parte della Fiat che condiziona la costruzione della Sata in cambio di orari di lavoro modellati sulla massima utilizzazione degli impianti. E così è.

     

    L’ingranaggio spietato- L’opera importante di manager, antropologi e psicologi  Fiat è  la seguente: impedire  un continuum tra fabbrica e vita privata, disseminare gli operai in un territorio distante e vasto, a Melfi arrivano  dai paesi pugliesi e dalle montagne lucane, per bloccare e disperdere qualunque anelito di  coscienza, spirito di appartenenza alla condizione di operaio. Immedesimarsi e identificarsi solo con l’azienda, non vivere con gli altri i problemi, i disagi causati dal tempo lavorativo, essere prigionieri del pendolarismo tra casa e posto di lavoro. Un ingranaggio dolcemente spietato che elimina la conflittualità, le più elementari rivendicazioni di categoria. Ragionare con i colleghi diventa una fatica. Le afflizioni umane ingabbiate nel recinto dell’individualismo. I malumori e lo scoramento non diventeranno mai unica voce. In famiglia, con gli amici ci si dimentica volutamente della catena di montaggio e della tuta amaranto o quella disegnata dal pimpante Lapo Elkan-Fiat. Si parla d’altro con la speranza di azzeccare un  “gratta e vinci” e rifarsi un percorso di vita.

    La libertà di scegliere “quello che ti ordino” – Per concludere, tre dettagli intorno alla politica industriale e culturale attuata dai vertici che gestiscono il Gruppo Fiat. Il primo: la Fiat regala per 60 giorni a tutti i dipendenti della Sata di Melfi una copia del quotidiano La Stampa di Torino. Ma come, un gruppo imprenditoriale, così  tanto liberale, impone la lettura del suo  giornale agli operai del Sud Italia?
    Il secondo: di punto in bianco Fiat ordina alle maestranze della Sata il divieto di parcheggiare le auto di loro proprietà, non di marca Fiat, nel piazzale custodito dello stabilimento. Iniziativa strana e padronale perché il piazzale antistante i capannoni industriali è di proprietà dell’ente pubblico denominato Consorzio Sviluppo industriale di Potenza.
    Terzo dettaglio: a gennaio 2010 la Fiat decreta di non pagare più i costi, 30 mila euro, per il trasporto degli operai dallo scalo ferroviario all’opificio di San Nicola di Melfi. Strano, una rinomata  società automobilistica ormai globale che ha sottoscritto contratti miliardari, dollaro come valuta, in America e Russia e Polonia e Cina non è nelle condizioni di racimolare 30 mila euro per quei disgraziati di operai appulo-lucani della Fiat Sata? C’è un ragionamento illuminante, vociferato tra pochi, che spiega “Sergio Marchionne: un canadese che vive in Svizzera, produce auto a Detroit, ama le fabbriche polacche e fa grandi numeri in Brasile. I manager super pagati della holding Fiat ripetono che il cuore e la testa restano a Torino”. I fatti dimostrano il contrario. E questo se non è ancora un problema grave per Fiat Group, può diventarlo per l’Italia. Compresa la Fiat-Sata di Melfi, provincia di Potenza.

             

     

     

     

     

     

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