Elezioni in Basilicata. Chiunque vinca, saranno i lucani a perdere: Perché?

I dadi sono truccati, occorre minare le basi dell’egemonia del sistema di Potere: astenersi dal voto per dare valore al voto

I leader nazionali dei partiti e movimenti non conoscono bene la Basilicata. Ieri, per esempio, Giorgia Meloni lo ha dimostrato: è andata a braccio su tutti i temi di propaganda per le elezioni europee, ma ha dovuto leggere gli appunti quando in coda al discorso ha trattato questioni più pertinenti con la realtà lucana. É solo un esempio estendibile ad altri leader della destra e della sinistra. Questi ultimi lo hanno dimostrato combinando i pasticci nelle trattative per le alleanze e per le candidature, con l’esito che conosciamo. Perché dico questo? Perché a loro, e non solo a loro, può apparire scandaloso, politicamente scorretto che un giornale inviti gli elettori ad astenersi dal voto. Comprensibile, legittimo, perché non conoscono fino in fondo la realtà lucana. Anche una parte dell’opinione pubblica locale ritiene uno scandalo l’invito all’astensionismo: “bisogna andare a votare, è un dovere civico e, insieme, un diritto.” Anche loro si lasciano ingannare dalle apparenze. Non sanno che il dominio del potere politico, economico, persino culturale che ha guidato le sorti della Basilicata in questi ultimi 30 anni è stato esercitato attraverso la costruzione del consenso.  Ecco perché possiamo parlare di egemonia. Negli anni poche centinaia di persone hanno utilizzato la politica, i partiti, le istituzioni per costruire, in misura diversa, carriere e ricchezze personali. In questi anni, il nostro giornale ha provato ad analizzare e a spiegare in tutte le salse il sistema intrecciato di affari, interessi, convenienze e compiacenze agito da imprese e imprenditori, politici e partiti, banche, pezzi della magistratura, avvocati, commercialisti, editori, giornali, burocrati. Al centro dei loro interessi i soldi, il potere, le carriere, non certo la Basilicata, usata come una cassaforte privata. Hanno le mani dappertutto, decidono che tempo deve fare oggi e domani, censurano opinioni, veicolano informazioni, organizzano kermesse, utilizzano denaro, veicolano una subcultura della mafiosità, oscurano fatti, distribuiscono prebende e menzogne. Sono una potenza egemonica che agisce ovunque e attraverso chiunque aderisca alle sue regole.

Come funziona la filiera traversale del Sistema di potere lucano?

Il circuito di assegnazione delle risorse e delle opportunità di arricchimento e carriere funziona sempre allo stesso modo: politica-imprese- banche-indotto-politica. La politica serve all’approvvigionamento delle risorse e delle opportunità e decide come distribuirle. Le imprese beneficiarie ristornano alla politica una quota di risorse e assegni in bianco di consenso elettorale. L’indotto (organizzazioni professionali e di categoria, professionisti, burocrati, funzionari e dipendenti pubblici) garantisce, in cambio di prebende monetarie, di carriere, di consulenze, di nomine e incarichi, il funzionamento del circuito politica-imprese-consenso-politica. Tutte le imprese? Tutta la politica? Tutto l’indotto? No.

Al contrario di quanto si possa pensare, un ambiente “marcio” non giova agli affari del potere. Sarà così altrove, ma non in Basilicata, dove l’arcipelago occulto degli affari” usa strategie molto sofisticate. Un sistema di potere che agisce spesso sul filo della legalità, e sempre nell’ombra, qui ha bisogno di un ambiente sano, legale, normale che dia conto di un territorio che tutto sommato funzioni senza che altri poteri, legali, abbiano motivo di intervenire.

E dunque esistono anche bandi di gara regolari e regolarmente aggiudicati, esistono anche selezioni pulite per assunzioni di personale, esistono contributi e finanziamenti regolari alle imprese, esistono anche leggi e proposte di legge destinate, nelle sincere intenzioni, a migliorare le condizioni di vita dei cittadini, e così via. Esiste anche uno spazio politico di confronto e scontro reale, onesto, tra le posizioni delle diverse forze in campo in modo che la democrazia funzioni o sembri funzionare. Non è una normalità apparente, è una normalità concreta, reale.

E questo strato di normalità c’è sempre, a prescindere da chi vinca o perda le elezioni, a prescindere da quali gruppi imprenditoriali abbiano la meglio in un dato periodo. E quindi? L’arcipelago del potere usa questa normalità, la fa propria, vi partecipa, la vive, la fiancheggia. Appare sulla scena ma agisce nell’oscenità (o-scena, fuori dalla scena, oltre la scena). Quella normalità viene utilizzata, con cinica raffinatezza, per rendere ancora più invisibile l’inganno. Quella normalità è la luce con la quale lor signori creano le ombre.

E dove si consumano le trame dell’o-scenità? Nelle relazioni di interesse e di affari che si appartano dietro le quinte e scavalcano le formalità del palcoscenico. In parole semplici, taluni politici, imprenditori, “manager”, burocrati, professionisti, editori, sono trasversalmente legati gli uni agli altri, nonostante le sceneggiate pubbliche. Alcuni politici sono avversari sul palco, ma soci in affari; alcuni cosiddetti editori e giornalisti – da sempre ammanicati col potere – fanno i polemisti sul giornale, ma i “ricattatori” nelle stanze che contano; alcuni imprenditori sono “benefattori” in piazza – con i soldi pubblici – ma ricettacoli di clientelismo nell’ombra; alcuni burocrati e magistrati sono integerrimi tutori della legge dinanzi al cittadino disorientato, ma fedeli servitori del capo cordata in affari. Sui grandi appalti, sui finanziamenti e contributi pubblici, sulle nomine strategiche e sugli incarichi milionari, è una continua battaglia tra un’isola e l’altra dell’arcipelago, ma alla fine si patteggia e nascono nuove e inedite alleanze. Tuttavia, sono sempre loro, o i loro ex cadetti, da decenni, a tenere sotto scacco la Basilicata. Cambiano le alleanze, ma non il sistema che, nonostante tutto, si rafforza, si modernizza, si ristruttura continuamente. Grazie al consenso, consapevole o inconsapevole, dei cittadini. Ecco perché si parla di sviluppo senza che si faccia sviluppo.

Occorre una scossa, un atto “sovversivo”

Come è possibile creare le condizioni per un’offensiva politica, culturale e sociale contro egemonica? Come è possibile mettere in moto processi di insorgenza che provino a scardinare questo sistema ormai insopportabile? Che fai? Ti presenti agli elettori con proposte rivoluzionarie e quindi ingenue o con proposte riformiste e quindi futili? Che fai? Voti i candidati che secondo te sono i migliori? Se l’egemonia di questo sistema di potere lucano si poggia sul consenso, allora è il consenso che deve mancare. Se crolla quello, cade la struttura su cui si regge la loro egemonia. Ecco perché bisogna togliere alla politica intrecciata con gli affari l’autorevolezza, la credibilità, il consenso. E questo potrà accadere se i cittadini manifesteranno in massa la loro indignazione, la loro contrarietà a questo Sistema. Se manifesteranno il desiderio di libertà e di futuro. Astenersi dalle urne per una ragione politica: “non vi voteremo, per togliervi l’alibi del consenso”. E quando, all’esito del voto i potentati scopriranno che centinaia di migliaia di lucani non saranno caduti nella trappola, il loro dominio perderà le basi di appoggio e forse qualcosa cambierà. Quale autorevolezza e credibilità avrebbe una coalizione che ottiene il consenso del 30% misurato sul 40% degli elettori? E finalmente la prossima volta quegli stessi lucani che oggi diserteranno le urne, andranno a votare carichi di speranze per il futuro e pieni di libertà. Liberi dalla cappa di un sistema opprimente. I politici e i partiti non sono tutti uguali, lo sappiamo, ma sono tutti coinvolti, alcuni anche loro malgrado, adesso qui in Basilicata e da 30 anni.