Marcello Pittella vittima di un accanimento giudiziario?

Quasi certamente dovremmo pagare al governatore lucano il risarcimento per ingiusta detenzione

Da cittadini siamo preoccupati. Preoccupati perché un altro cittadino subisce una vera e propria persecuzione giudiziaria. Lo sanno anche le pietre che la misura cautelare a carico di Pittella era ed è assolutamente esagerata. La Corte di Cassazione non ha fatto altro che ribadire l’ovvio: “L’arresto non era supportato da gravi indizi di colpevolezza.” E quanto al pericolo di reiterazione, basato sulla possibilità di ricoprire nuovi incarichi la Corte aggiunge: “Il giudice non può spingersi fino a ritenere adeguata una misura cautelare per comprimere l’esercizio del diritto costituzionale di elettorato passivo”. Nonostante ciò il gip di Matera ha rigettato, nella giornata di ieri, l’istanza dei legali del governatore lucano di revoca del divieto di dimora a Potenza. In ogni caso, sulla questione dovrà esprimersi il Tribunale del Riesame ma la decisione del gip di Matera potrebbe apparire come una grave persecuzione nei confronti di un cittadino. Vorremmo credere invece che si tratti di una difesa ad oltranza delle decisioni assunte a suo tempo. Deve essere dura per un giudice ammettere di aver sbagliato, nonostante la Cassazione abbia “sancito” l’errore. Quasi certamente dovremmo pagare a Pittella il risarcimento per ingiusta detenzione. Noi cittadini pagheremo, non il gip, non i magistrati.

Questa è roba da Csm. Ma è anche roba da far riflettere chi, in questi mesi, non si è indignato affatto per questo ennesimo episodio di “arroganza” giudiziaria. Quando la magistratura assume l’arbitrario dovere di giudicare il comportamento politico e morale, e non penale, di un cittadino siamo tutti in pericolo. Pittella, lo abbiamo scritto in tutte le salse, ha fallito politicamente ed ha nutrito la già grave questione morale lucana. E’ l’uomo politico che ha dato il colpo di grazia a una regione già gravemente ferita dai suoi predecessori. Su questo saranno i cittadini a decidere col voto perché così funziona in una democrazia che funziona.

Tuttavia, in questi mesi abbiamo assistito ad un rovesciamento del principio democratico per via giudiziaria. “Motivare” un arresto per causa del fatto che il cittadino in questione intenda ricandidarsi alle elezioni regionali” non è semplice stravaganza giuridica ma una pericolosa ingerenza nell’esercizio del diritto costituzionale di elettorato passivo. La gravità di questo comportamento non ci sembra sia stata sottolineata da molti, ancor meno dai cosiddetti “amici di partito” del governatore.

Intanto siamo tutti finiti in una grottesca caciara tra tifoserie. Da una parte i “tifosi interessati” di Pittella che hanno urlato alla vittoria quando la Cassazione ha ribadito l’ovvio, quasi si trattasse di un’assoluzione per i presunti reati commessi. Dall’altra parte i giustizialisti da circo equestre che hanno esultato per l’arresto e da ultimo per la decisione del gip di rigetto dell’istanza di revoca del divieto di dimora, quasi si trattasse di una condanna per quei presunti reati.

Eppure non funziona così. Ci dovrà essere un eventuale rinvio a giudizio che a distanza di mesi dalla chiusura delle indagini ancora non arriva. Ci dovrà essere un eventuale processo a conclusione del quale il cittadino sarà condannato o assolto. E’ così che funziona ma, date le circostanze, meglio usare il condizionale: è così che dovrebbe funzionare.

E intanto ci saranno le elezioni regionale, quelle sì certe. Gli elettori sanciranno la sconfitta o la vittoria del recente protagonista di un sistema di potere fondato sull’abuso, sull’arroganza, sull’opacità della gestione amministrativa, sulle raccomandazioni e sul clientelismo. Gli elettori sanciranno la sconfitta o la vittoria di un feudalesimo 4.0 che ha messo in ginocchio la Basilicata. Sia chiaro: gli elettori, non la magistratura.