Perché la sinistra è rimasta senza popolo?

"C’era una volta la sinistra, ed i suoi partiti, con un suo popolo, i suoi ideali, le sue battaglie. Oggi quella sinistra non c’è più, nemmeno quella incartapecorita alla quale tu fai riferimento ha consensi elettorali degni di nota. Dove è andato quel popolo?"

Pubblichiamo l’ultima corrispondenza tra Canio Lagala, già sindaco di Venosa negli Anni 80 e professore di diritto della sicurezza sociale all’Università di Foggia, e Pietro Ichino, giurista, già deputato dal 1979 al 1983 come indipendente eletto nel Partito Comunista Italiano e senatore dal 2008 al 2013 eletto nel Partito Democratico, e docente ordinario di Diritto del lavoro nell’Università degli Studi di Milano.

Per chi avesse voglia di intervenire nel dibattito questo giornale è a disposizione.

Caro Pietro,

dopo due anni dal nostro ultimo confronto torno a scriverti sollecitato dal tuo ultimo editoriale dell’8 marzo scorso nel quale, di fronte all’allargarsi delle differenze tra chi è più esposto ai colpi della crisi pandemica (lavoratori autonomi, lavoratori stagionali, partite IVA, giovani e donne, immigrati etc.) e chi no (pubblico impiego, pensionati e dipendenti di medie e grandi imprese non colpite dalla crisi), hai ripreso a picconare quella (vecchia) sinistra, un po’ incartapecorita, come dici tu, che imperterrita considera ancora come prioritarie ed irrinunciabili le vecchie battaglie in difesa dei privilegi dei garantiti.  Aggiungi infine, con coerenza e coraggio, che le stesse critiche andrebbero rivolte alla giurisprudenza costituzionale degli ultimi anni in materia di pubblico impiego, diritti pensionistici e licenziamenti.

Sono posizioni che tu sostieni da sempre e di cui apprezzo molto la chiarezza, la coerenza e la fermezza con le quali le porti avanti. Dico di più: sono posizioni che in larga parte condivido. Ed è proprio perché le condivido in larga parte che voglio condividere con te anche alcune mie riflessioni che qui ti riporto “telegraficamente”, così come sono i tuoi editoriali.

C’era una volta la sinistra, ed i suoi partiti, con un suo popolo, i suoi ideali, le sue battaglie. Oggi quella sinistra non c’è più, nemmeno quella incartapecorita alla quale tu fai riferimento ha consensi elettorali degni di nota. Dove è andato quel popolo? Credo che non ci voglia molto nel riconoscere che una parte ha trovato rifugio nei 5 Stelle ed un’altra parte ha trovato più rassicuranti le proposte della Lega. Le battaglie elettoralmente più significative di queste due forze politiche sono state sicuramente il Reddito di cittadinanza per l’assistenza ai più poveri e Quota 100 in materia pensionistica. La tutela pensionistica e quella assistenziale alle fasce più deboli della popolazione erano due temi propri della “vecchia” sinistra che però … si sono persi per strada e sono stati regalati alla destra e al populismo.

E questo è successo anche con l’art. 18 dello Statuto, abbandonato in cambio della promessa di una seria riforma degli ammortizzatori sociali che non è mai arrivata. Voglio dire che per costruire una sinistra moderna –che, come noi due, tanti altri vorrebbero-  non basta buttare a mare le vecchie bandiere, ma bisogna alzarne anche di nuove e portarle alla realizzazione concreta degli obiettivi che indicano. Ai “no” devi far seguire e realizzare anche dei “si”. Altrimenti perdi semplicemente il tuo “popolo” e rappresenti soltanto clientele locali o, nella migliore delle ipotesi, quel ceto politico “illuminato” espressione, come si dice oggi, delle zone a traffico limitato. A te certamente non manca il progetto per una sinistra moderna. Hai spesso parlato delle nuove tutele e garanzie da costruire per chi è fuori dalla cittadella delle protezioni storiche ed anch’io avrei da aggiungere le mie idee e proposte. Ma la verità è che sono state soltanto “sbaraccate” le vecchie tutele senza costruire quelle nuove. Ci siamo fatti carico più di tutti della sostenibilità finanziaria del sistema Italia mentre altri praticavano la spesa pubblica facile con condoni, flat tax e robuste spese assistenziali.  Ma i sacrifici chiesti al popolo della “vecchia sinistra” non hanno portato più equità nel sistema né sono serviti per costruire un futuro più garantito per i giovani; ciò che si è tolto ai padri non è andato ai figli o ai nipoti. La politica dei due tempi non ha pagato e non può pagare.

E qui si pone un altro grosso problema: come è possibile abbandonare le vecchie tutele per costruirne contemporaneamente di nuove con un sistema politico-istituzionale così instabile quale è quello che stiamo vivendo da un po’ di tempo in Italia?  È facile e di immediata realizzazione cancellare una norma di tutela, ma per costruire un progetto, portarlo a realizzazione e verificarlo ci vogliono alcuni anni. Se però il quadro politico è instabile e si cambia continuamente governo nessuno è disposto a cedere i” privilegi” che ha conquistato nel tempo, perché mancano le garanzie per ciò che viene promesso in cambio. E chi lo fa, come è successo a mio avviso per la sinistra, senza distinzione tra quella vecchia e quella illuminata, ne paga amaramente le conseguenze sino alla perdita della sua stessa rilevanza elettorale. Oltre al progetto quindi è indispensabile avere anche una proposta politico-istituzionale coerente con il progetto stesso e che consenta di avere a disposizione i tempi necessari per la sua realizzazione. E a tale fine non credo che aiuti in alcun modo la proposta di riforma elettorale proporzionale sposata dall’ultimo PD di Zingaretti.

Per concludere consentimi un ricordo preso dalla mia esperienza politica di ben 40 anni addietro quando, alla guida del mio piccolo Comune, con grande fervore giovanile intrapresi la battaglia contro l’assistenzialismo dei cantieri di forestazione. Ai braccianti del posto, che pure rappresentavano la base elettorale con la quale avevamo vinto le elezioni amministrative, dissi che non mi sarei posto alla testa dei loro cortei per rivendicare le giornate di forestazione (dove percepivano salari contrattuali pieni ma con un lavoro poco produttivo e fortemente criticato dai contadini del posto), ma avrei comunque assicurato loro il lavoro, quello produttivo.  Nei 5 anni del mandato mantenni la promessa trasformando le terre del demanio comunale con l’impianto di decine di ettari di vigneti e pescheti che diedero ai braccianti le stesse giornate di lavoro e gli stessi salari che negli anni passati erano stati assicurati dalla forestazione. Questa volta però con un lavoro vero che aveva restituito loro la dignità persa con l’assistenza del lavoro forestale. Per la cronaca mi piace ricordare che alle elezioni successive fui riconfermato, anche se poi con il passare degli anni si è preferito ritornare a seguire la strada più comoda e facile dell’assistenzialismo dei cantieri di forestazione. Con le conseguenze che oggi sono sotto gli occhi di tutti … ma qui apriremmo un altro grosso capitolo sul quale vorrei potermi confrontare con te di persona in una iniziativa pubblica da organizzare non appena le condizioni sanitarie lo permetteranno e sempre che tu possa e voglia venirmi a trovare.

Venosa, 20 marzo 2021

Qui la risposta di Petro Ichino e la replica di Canio Lagala

Chi è Pietro Ichino e chi è Canio Lagala