Basilicata: gli affari crescono e i paesi si spopolano

Che fine ha fatto il Centro Droni della Total con i suoi 85 posti di lavoro? Questa ed altre domande alla multinazionale francese e alla politica regionale

“Produrre entro l’inizio del 2023 i primi droni, nell’ambito di un’iniziativa che punta a creare un ecosistema unico nel panorama mondiale e opportunità occupazionali in un settore in continua crescita. E, allo stesso tempo, avviare progetti di studio, tutela e salvaguardia del territorio lucano utilizzando proprio i piccoli velivoli radiocomandati, sempre più presenti nella nostra quotidianità e dalle innumerevoli potenzialità. L’iniziativa, promossa dalla Società in collaborazione con la Regione Basilicata… Il Centro sarà localizzato all’interno della Concessione Gorgoglione per sfruttare le potenziali sinergie con gli impianti Tempa Rossa e consentire una più rapida industrializzazione di soluzioni innovative. La necessità di dotare la struttura di una pista di atterraggio e decollo di circa 500 metri di lunghezza e di uno spazio aereo di circa un chilometro per i test di volo, ha portato alla preselezione della zona industriale di Stigliano per la realizzazione della struttura.” Lo rendeva noto Total E&P Italia il 20 luglio 2021. Intorno all’annuncio della multinazionale, abbondano, in quel periodo, i proclami di politici, assessori e consiglieri regionali.

Ma che fine ha fatto il Centro Droni? Ce lo siamo chiesti, perché di quell’annuncio, “Produrre entro l’inizio del 2023 i primi droni”, ad oggi 8 marzo 2023, si sono perse le tracce. “Non si farà” ci dicono da quelle parti tecnici ben informati. Il problema sarebbe nato dopo la stesura del business plan: “l’iniziativa non sarebbe redditizia”. Addio ai promessi 85 posti di lavoro e all’investimento di 3 milioni di euro? Tutto lascia supporre di sì. Ma forse i problemi sono altri legati alla sonnolenza della politica locale, all’apatia burocratica, alle problematiche che si frappongono alla volontà di realizzare qualcosa di importante per lo sviluppo del territorio. Sono 50 i milioni che Total e Regione (25 a testa) dovrebbero utilizzare per investimenti nell’area, nel quadro di un accorso specifico. Ma a quanto pare non si muove nulla.

La fermata dell’impianto di Tempa Rossa e la manodopera siciliana

Nel frattempo la zona si spopola. Nel maggio prossimo è prevista la fermata di circa 3 mesi dell’impianto di Tempa Rossa per i lavori di manutenzione. Ci sarà bisogno di manodopera aggiuntiva che normalmente le aziende incaricate attingono dalla Adecco-Tempa Rossa, il portale dedicato per la somministrazione di lavoro interinale. Pare che il sito non funzioni, pare che le aziende del posto non comunichino al Portale il fabbisogno di manodopera. Al contrario ci sarebbero accordi con agenzie siciliane le quali ben volentieri invieranno in Basilicata un bel numero di operai a costo più basso di quelli lucani e “meno fastidiosi.”

Un mondo a parte

Lo abbiamo sempre scritto: Tempa Rossa e dintorni è una zona franca. Qui accade di tutto. Oltre a quanto abbiamo già raccontato con i nostri articoli, emergono continuamente novità. Nonostante la convenzione sottoscritta tra il Comune di Corleto e la Total che prevede il presidio armato di tutti i pozzi e la manutenzione delle strade intorno all’impianto, ci segnalano che non tutti i pozzi sono presidiati e che non tutte le strade sono in condizioni decenti. Nonostante i protocolli di trasparenza e i codici etici, ci siamo imbattuti in un’azienda che ha lavorato a Tempa Rossa con il Durc scaduto, la stessa azienda che aveva assunto lavori per il Comune di Corleto e sospesa proprio perché non aveva il Durc a posto. La Total ha anche pagato le spettanze a quell’azienda, probabilmente chiudendo non un occhio, ma due. E sempre a proposito di lavoro, nonostante le chiacchiere, all’interno dell’impianto molti operari (pare quelli addetti al controllo sicurezza) sarebbero impiegati per 12 ore al giorno anziché 8. La faccenda venne fuori grazie a un nostro articolo a cui sono seguite azioni: tavolo della trasparenza, accordi sindacali, proteste fasulle, ma nulla pare sia cambiato. Operai stressati ma felici di guadagnare di più, alla faccia della sicurezza dell’impianto; l’azienda felice di evitare nuove assunzioni in caso di regolarizzazione dell’orario di lavoro, alla faccia della sicurezza dell’impianto; Sindacati, Regione e Comuni, non pervenuti. Niente di cui scandalizzarsi per quanto accade da quelle parti dove, per esempio, lavorano tante coppie ognuna delle quali lascia a casa disoccupata un’altra persona: coppie di moglie e marito, fratello e sorella, fidanzato e fidanzata. Tutti segnalati dai politici di turno che ogni volta soprattutto in prossimità di elezioni fanno il giro delle aziende del territorio per riscuotere il dovuto.

Intanto le solite aziende dell’Ave Petrolio, legate a politici e partiti dell’Ave Consenso, continuano a fare man bassa di appalti. I lavoratori sono sul piede di guerra da mesi per ottenere quello che gli spetta: un contratto adeguato alle loro mansioni e un trattamento più civile: “ci mettono i piedi in faccia e ci pagano con il salario più basso esistente, nonostante le mansioni che richiederebbero un salario diverso”, dichiara un operaio che aggiunge: “ma chi li protegge a questi qua”? Già, i sindacati sembra non riescano a spuntarla, tuttavia dopo due anni di battaglie hanno ottenuto il salto di livello dal secondo al terzo per gli operai di quelle aziende, ma anche il terzo non sarebbe adeguato alle mansioni di molti di loro. Ma chi sono queste aziende? Le solite: Donnoli, Dandrea, Carone. Gli stessi della gara Total da 5 milioni di euroquella senza trasparenza.

I paesi si spopolano inesorabilmente

Dalle parti di Tempa Rossa è sempre in atto una tempesta carsica, silenziosa intorno ai lavori del Centro Olio (la fermata degli impianti) che coinvolgono capannoni e piazzali pronti per essere affittati alla multinazionale francese. I lavori per la fermata prevedono altre attività e servizi, piuttosto costosi per la Total, rispetto ai quali ci sarebbe la corsa tra i soliti pochi noti per accaparrarsi la fetta più grossa. Tra i podisti più veloci anche l’azienda che prelevava acqua dal fiume Sauro rivendendola alla Total. Non sappiamo la vicenda a che punto si sia fermata a livello amministrativo e giudiziario. E non sappiamo se qualcuno nel frattempo abbia dato un’occhiata a quel capannone di circa mille metri quadrati a ridosso di un affluente del fiume Sauro, zona Missanello. Siamo certi che, nell’eventualità, è tutto in regola.

Fibrillazioni intorno all’affidamento del trasporto e smaltimento acque reflue e rifiuti petroliferi: Semataf-Donnoli, Criscuolo-Garramone? Vincerà il migliore, tra i soliti. In verità la gara è stata espletata, ormai da cinque mesi, ma l’aggiudicazione tarda ad arrivare. Perché?

Intanto che in quel territorio girano soldi, appalti, lavori, i paesi si spopolano, Corleto Perticara sta morendo. Intanto che i paesi si spopolano certi sindaci pensano ai loro figli, ad affittare appartamenti ai dirigenti della multinazionale, ad affidare l’organizzazione di eventi alle associazioni gestite dai loro parenti. E taluni politici si preoccupano degli affidamenti diretti a cooperative guidate da esponenti del proprio partito.

©RIPRODUZIONE RISERVATA