Mafia nel Metapontino. La guerra è iniziata

E’ la narrazione drammatica a cui dovremo abituarci. Loro, i criminali, quando sono organizzati e radicati, assumono il genoma della salamandra

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Negli ultimi mesi le forze dell’ordine hanno assestato un duro colpo alla criminalità organizzata nel metapontino. Decine di arresti a dimostrare che in quel territorio esiste una mafia in gestazione da anni. Gruppi etero diretti da organizzazioni esterne alla Basilicata nel tempo si sono conquistati un’autonomia locale mantenendo legami funzionali con i clan mafiosi delle regioni limitrofe. Lo abbiamo scritto in tutte le salse da anni. Solo negli ultimi mesi la faccenda è stata presa sul serio dopo anni di negazione e di “tutto a posto”. Erano gli anni in cui qualcuno con la divisa raccontava che le auto si incendiavano per autocombustione.

Eppure, nonostante gli arresti di questi mesi, l’altra notte a Scanzano Jonico, un’altra azienda ortofrutticola ha subito un grave attentato. Un incendio doloso. Ciò vuol dire una cosa sola: il radicamento criminale è compiuto. Bisognava intervenire in tempo. Adesso assisteremo a film già visti altrove, una guerra continua tra le forze dell’ordine e i clan che si rigenerano ogni volta che i vertici vengono colpiti e arrestati. E’ la narrazione drammatica a cui dovremo abituarci. Loro, i criminali, quando sono organizzati e radicati, assumono il genoma della salamandra.

Questa condizione non è soltanto responsabilità di chi nel passato – forze dell’ordine e inquirenti – ha sottovalutato il fenomeno. E’ responsabilità della politica che ha fatto finta di non vedere per evitare problemi di immagine per se stessa e per il territorio. E’ responsabilità di chi avendo il potere di decidere sulle risorse pubbliche ha lasciato passare procedure ai limiti della legalità per favorire tizio o caio. La responsabilità è di chi ha seminato la cultura del clientelismo, ha nutrito relazioni corte di interessi individuali, ha alimentato il mercato nero del consenso elettorale diffondendo nella società civile sentimenti di paura e di sfiducia.

Era il settembre 2011 quando l’allora sottosegretario del governo Berlusconi, Manotavano, dichiarava che il racket sarebbe stato sconfitto in tre mesi. Ed è da decenni che i politici in questa regione recitano la giaculatoria della Basilicata felice.

Chi parla oggi di omertà dei cittadini, dei piccoli imprenditori, dei commercianti, deve considerare questo clima. Omertosi non si nasce, si diventa. E in quella zona, in molti sono stati costretti a diventarlo grazie a chi ha sempre girato la testa dall’altra parte. Come accade, da tempo, nelle aree della val d’Agri e della valle del Sauro, terre di petrolio e di infiltrazioni criminali pericolose ancora sottovalutate. Paura e sfiducia, povertà e disperazione sono il fertilizzante delle mafie. Sono la porta di accesso alla contaminazione criminale delle relazioni sociali e del consenso.

Quando i cittadini, gli imprenditori, per risolvere un loro problema si rivolgono al mafioso locale, la mafia prende il posto della politica. Ed è ciò che sta accadendo non solo nel Metapontino ma anche nelle terre del petrolio. Basta un caso, due casi, poi il passa parola, le intimidazioni, gli avvertimenti e il gioco è fatto.

L’attentato incendiario dell’altra notte, in un attimo, ha indebolito l’iniezione di fiducia generata dagli arresti dei giorni scorsi, ha risvegliato il sentimento di paura e di insicurezza nei cittadini. Era questo l’obiettivo dei criminali. Una sfida alle istituzioni. Un chiaro e inquietante messaggio. La guerra è iniziata. I cittadini e gli imprenditori devono avere coraggio e stare al fianco delle forze dell’ordine. Non è facile ma è necessario. I cittadini e gli imprenditori devono, però, allontanare dalle loro vite quella politica e quei politici che hanno fallito. Devono combattere la “mafiosità” e cioè quella sub cultura che favorisce la penetrazione sociale della criminalità. Alle forze dell’ordine il compito di combattere la mafia e i mafiosi.

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